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Sclerosi Multipla, ecco come la cannabis light può essere d’aiuto. Parola a Weedy Point

La cannabis può essere d’aiuto contro la Sclerosi Multipla?

In questo articolo, Weedy Point ti illustra i vantaggi dell’utilizzo della cannabis nella gestione di alcuni sintomi sofferti dai pazienti affetti da sclerosi multipla, e anche i limiti di questo trattamento naturale.

Cos’è la Sclerosi Multipla (SM)?
La sclerosi multipla è una malattia autoimmune, cronico-degenerativa.
Il sistema immunitario del malato stesso danneggia i nervi, colpendo la guaina mielinica, uno strato isolante che permette la conduzione dell’impulso elettrico nervoso, essenziale per qualsiasi funzione vitale.

Sintomi della Sclerosi Multipla
I sintomi con cui si manifesta sono svariati, ma principalmente neurologici:

  • emicrania
  • dolore neuropatico periferico
  • dolore alla schiena
  • spasmi dolorosi
  • neuralgia al trigemino
  • problemi di movimento
  • incontinenza
  • inappetenza
  • insonnia
  • problemi con le principali funzioni vitali
  • incapacità fisica e cognitiva

Tutti questi sintomi possono essere anche molto debilitanti e riducono drammaticamente la qualità della vita di chi è affetto da questa patologia.

Terapia
I farmaci tradizionali attualmente impiegati per contenere la malattia sono limitatamente efficaci, modulano solo alcuni dei segni clinici e possono causare essi stessi ulteriori effetti avversi.

Negli ultimi anni vari studi hanno considerato la cannabis come valida alternativa naturale per migliorare le condizioni dei pazienti ed ulteriori prove cliniche sono tutt’ora in corso di validazione.

Principi attivi della cannabis e loro proprietà medicali
Esistono moltissime tipologie di cannabis, che si differenziano sia per aspetto, aroma ma soprattutto per le caratteristiche organolettiche.

I principi attivi di maggiore interesse medico sono i terpeni (sostanze aromatiche) ed i cannabinoidi (sostanze con gli effetti caratteristici della cannabis).

Esistono più di 110 diversi cannabinoidi, i più famosi sono THC (tetraidrocannabinolo), CBD (cannabidiolo), CBG (cannabigerolo), CBN (cannabinolo). Tutti questi esplicano il proprio effetto tramite il sistema endocannabinoide, per questo hanno in comune alcuni effetti in base al tipo di recettore che legano:

  • rilassamento, diminuzione del dolore e della spasticità, miglioramento dell’umore, sedazione, stimolazione dell’appetito, mediati dai recettori CB1 (concentrati nel sistema nervoso centrale)
  • contrasto degli stati infiammatori, immunomodulazione, grazie ai recettori CB2 (espressi nelle cellule immunitarie).
    Cannabis e sclerosi

Grazie agli effetti tipici dei cannabinoidi, la cannabis sativa è considerata una valida alleata contro la sclerosi, siccome, a differenza dei farmaci tradizionali, va a modulare molteplici segni della patologia: episodi infiammatori autoimmuni, dolore costante, malumore, difficoltà cognitive e di movimento.

I principali cannabinoidi soggetti a svariati studi per l’impiego contro la sclerosi, sono il THC ed il CBD, i due ormai noti da più tempo e che vantano una storia di consumo più lunga.

Entrambi sono presenti negli estratti di cannabis, ma in percentuali differenti, ed è proprio il rapporto tra i livelli di questi due che determina effetti ed efficacia del prodotto in questione.

Il THC è il cannabinoide psicoattivo, tipico della marijuana usata a scopo ricreativo, ma che vanta anche effetti antidolorifici, spasmolitici, antinausea e di miglioramento dell’umore. Tuttavia, i suoi effetti psicotropi ne limitano il campo d’impiego a causa degli effetti avversi e dell’alterazione della sfera cognitiva, già compromessa nella sclerosi.

Il CBD è il cannabinoide presente in maggiore quantità nella cannabis light, non è psicotropo, ma, anzi, va a modulare il tipico “sballo” del THC, limitandone gli effetti avversi e sinergizzando contro stati infiammatori, episodi autoimmuni e come miorilassante.

Proprio per questa complementarietà negli effetti, è chiaro come sia preferibile usare estratti naturali di cannabis contenenti l’intero fitocomplesso piuttosto che i singoli cannabinoidi.

 

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Stop a mal di testa martellanti! Weedy Point spiega come contrastarli con la cannabis light

Quante volte capita di rientrare a casa dopo una lunga giornata di lavoro e trovarsi a fare i conti – una volta che la tensione della routine si allenta – con un mal di testa martellante, che non lascia scampo al relax serale? Si tratta di un’esperienza che tutti, con maggiore o minore frequenza, facciamo nel corso del tempo.

Molto spesso mettersi a letto non basta e si finisce per fissare il soffitto in attesa che il sonno arrivi, mentre il dolore non cessa di rimbombare e dare il tormento. Il mal di testa (o cefalea) è un disturbo molto comune, che spesso porta a consultare un medico per il timore che sia il campanello d’allarme di altre patologie. Nella cefalea cosiddetta ‘primaria’, che non è sostenuta da ulteriori malattie, si percepisce un dolore localizzato e palpitante dietro la testa: molto spesso si lega anche a una certa predisposizione nel soggetto. La causa scatenante solitamente è – come accennato – uno stress prolungato, che spesso è legato al lavoro. Ma anche l’insonnia e gli sbalzi ormonali possono innescarla. Il meteo che cambia, la percezione di certi odori particolari e persino l’esposizione a luci molto forti sono tutte potenziali cause di questo disturbo. Le persone che più sono soggette a cefalee sviluppano come un sesto senso e riescono a predirne la comparsa.

Tra i migliori rimedi naturali al mal di testa ai quali è possibile ricorrere c’è senza dubbio il CBD, utile anche nella fase della prevenzione del malessere. Il cannabidiolo, metabolita della cannabis sativa, sta infatti acquisendo una sempre maggiore popolarità anche in questo ambito per via delle sue proprietà rilassanti, ansiolitiche e antinfiammatorie (ma non solo).

Come agisce sul nostro sistema endocannabinoide 
L’utilizzo della cannabis mal di testa è una pratica antichissima. Oggi questa sostanza nella sua versione light sta conoscendo una grande ribalta, anche mediatica, dovuta alla (ri)scoperta delle sue molte proprietà positive. Studiosi ritengono che il CBD sia in grado di compensare una particolare mancanza nel nostro sistema endocannabinoide (ECS), che causa la comparsa del mal di testa. Il sistema endocannabinoide si occupa di regolare qualsiasi sensazione: dalla fame al malessere generico e non solo. Si ritiene che una carenza importante di anandamide – in pratica la molecola della felicità – possa legarsi alla comparsa di emicranie anche pesanti. Dunque, riuscire a colmare questa mancanza di endocannabinoidi naturali sembra davvero la soluzione migliore. Ecco spiegato il motivo per il quale molte persone scelgono di affidarsi, soprattutto la sera, a una dose light di cannabis emicrania sia con scopo preventivo che per combattere il dolore pulsante. Per quanto riguarda la modalità di assunzione, questa è in genere per via orale: si mettono poche gocce di olio sotto la lingua, prima di distendersi aspettando che faccia effetto. Ma qualsiasi metodo assuntivo – fumare, vaporizzare – andrà bene: basta fare riferimento alle personali preferenze, sempre sfruttando il binomio vincente formato da cannabis e mal di testa.

Anche il sonno migliora grazie alle proprietà rilassanti 
Le persone sempre più spesso preferiscono ricorrere al CBD piuttosto che ai farmaci da prescrizione: l’obiettivo è riuscire a ottenere una diminuzione – più sicura e veloce – del dolore legato alla comparsa delle emicranie più pesanti. In genere sono minori anche gli effetti collaterali connessi all’assunzione, come il mal di stomaco o i dolori ai muscoli. Riuscire a stabilire una routine assuntiva di CBD, soprattutto quando vi sia una personale predisposizione alla comparsa di cefalee, è dunque essenziale per uscire dal tunnel del malessere serale e ricaricare al meglio le pile. Anche perché le proprietà rilassanti del CBD possono essere di grande supporto per la risoluzione di ulteriori disagi – spesso connessi al mal di testa – come l’insonnia e l’ansia (oltre naturalmente allo stress causato dalle tensioni in ufficio). Anche per coloro che sono in grado di percepire l’arrivo del malessere e predire in un certo senso l’emicrania sarà utile ricorrere a questa sostanza: è perfetta per ridurre l’intensità dei sintomi, così come la frequenza della comparsa dei dolori alla testa. Utilizzare il CBD (l’olio da assumere per via orale o comunque la sostanza da fumare o vaporizzare) rappresenta dunque una nuova frontiera terapeutica nella lotta all’emicrania cannabis.

 

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Sclerosi multipla: si può curare con la cannabis light? Weedy Point riporta degli studi in merito

Come già accennato in altri articoli, il CBD, tra i suoi effetti benefici, ne ha tre che risultano particolarmente importanti nel trattamento di diverse patologie:

  • L’effetto antispasmodico, cioè la capacità di contrastare gli spasmi involontari di muscoli e organi;
  • L’effetto antidolorifico, soprattutto per quanto riguarda il dolore cronico;
  • L’effetto immuno-modulatorio, vale a dire di contrasto alle reazioni anomale del sistema immunitario.

Queste ultime si verificano nelle malattie autoimmuni che sono, appunto, causate dal comportamento “alterato” del sistema immunitario, il quale comincia ad aggredire gli apparati dell’organismo, anziché difenderli come dovrebbe. Le più note patologie di questo tipo sono l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la sclerodermia e la sclerosi multipla.

In virtù di ciò, una delle news più importanti degli ultimi anni per quanto riguarda la cura della sclerosi multipla, in particolare, è che l’olio CBD può essere considerato a tutti gli effetti un’opzione terapeutica valida.

Non è un caso che nel 2015 un Decreto Ministeriale (il 279 del 30/11) abbia autorizzato e regolamentato l’utilizzo di farmaci a base di estratto di canapa per determinate patologie, e che molte regioni italiane abbiano cominciato a convalidare l’erogazione di questi medicinali in casi specifici, che spesso però danno problemi durante l’assunzione, quali difficoltà digestive e di assimilazione.

Come ha sottolineato la stessa AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla (https://www.aism.it/cannabis_e_cannabinoidi_nella_sclerosi_multipla), le proprietà analgesiche della cannabis sativa si sono rivelate particolarmente efficaci per la terapia del dolore in molte circostanze in cui altre tipologie di trattamento (convenzionali) non hanno sortito gli effetti desiderati, ad esempio proprio nel caso di pazienti affetti da sclerosi multipla o da lesioni del midollo spinale.

AISM ha evidenziato altresì l’azione antinfiammatoria dei derivati dalla canapa, capace di ridurre o addirittura eliminare i dolori (soprattutto neuropatici), nonché la loro azione antispasmodica e anticonvulsivante, efficace anche nel trattamento di pazienti colpiti dalla Sindrome di Gilles de la Tourette, oltre che da sclerosi multipla.

Quest’ultima patologia consiste nell’infiammazione delle fibre nervose e delle cellule deputate alla produzione della mielina (la “guaina” che avvolge tali fibre). La progressiva lesione e perdita della mielina causa l’insorgenza di placche che aggrediscono il sistema nervoso centrale; si passa da uno stadio iniziale infiammatorio alla formazione di vere e proprie cicatrici (appunto, le sclerosi). Si tratta di una malattia cronica (neurodegenerativa) scatenata dall’alterazione del sistema immunitario, che è il responsabile dell’infiammazione.

Considerando le proprietà antinfiammatorie, antidolorifiche e immunosmodulatrici proprie del CBD, dunque, non sarà difficile mettere in relazione la patologia con gli effetti benefici del principio attivo della cannabis.

Secondo le ricerche e sperimentazioni effettuate, in sostanza, il CBD risulta decisivo come integratore nel ridurre i sintomi dolorosi della sclerosi multipla e di diverse altre malattie, migliorando in maniera significativa la qualità della vita dei pazienti.

 

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Come curare l’ansia in modo naturale. Weedy Point illustra gli effetti benefici della cannabis light

Cerchi un rimedio per curare l’ansia in modo naturale?

Numerosi studi scientifici hanno dimostrato la capacità del CBD di contrastare i disturbi d’ansia, grazie alla sua interazione con i recettori Cb1 e CB2 e la serotonina, un importante neurotrasmettitore che regola diverse funzioni, quali ad esempio l’umore, il sonno, le emozioni.

Paura ed ansia sono delle risposte adattive del nostro organismo a potenziali minacce, messe in atto per la nostra sopravvivenza.
Spesso però queste risposte diventano eccessive e non più collegate a minacce reali, provocando sintomi fisici a volte particolarmente invalidanti tra i quali tensione tremore sudore palpitazione aumento del battito cardiaco vertigini nausea.

Si stima che ben 2,2 milioni di persone in Italia hanno sofferto nel 2015 di ansia cronica grave.

Per risolvere il problema si fa normalmente riferimento ai farmaci classici, che rientrano nella categoria degli:

  • Ansiolitici
  • Benzodiazepine
  • Antidepressivi

Questi farmaci per l’ansia però, portano con sé effetti collaterali, che specie nel lungo periodo, possono recare notevoli disturbi.

Per fortuna, ci sono altri rimedi naturali ed efficaci per affrontare il problema. Tra questi, il CBD, un componente naturale della Cannabis, che agisce sul sistema nervoso periferico, in modo efficace e senza effetti psicotropi.

Il CBD può, secondo diversi studi scientifici condotti, essere un validissimo aiuto nei seguenti casi:

  • Attacchi di panico
  • Stati d’ansia
  • Disturbo ossessivo-compulsivo
  • Ansia sociale
  • Disturbo post traumatico da stress
  • Ansia generalizzata
  • Tensione muscolare
  • Battito cardiaco accelerato

CBD e ansia, cosa dice la scienza

Nel 2015 è stata pubblicata sulla rivista Neuroterapeuthics la revisione degli studi condotti fino a quel momento volti a verificare gli effetti del CBD nel trattare gli stati d’ansia. I risultati confermano l’ipotesi iniziale e cioè che il CBD possa essere efficace nel ridurre gli stati d’ansia.

La revisione ha preso in esame 49 studi preclinici, clinici ed epidemiologici e ha incluso anche le ricerche fatte con tecniche di neuroimmagine (le tecnologie che permettono di studiare il metabolismo cerebrale).

Dalla revisione, curata da Esther M. Blessing, Maria M. Steenkamp, Jorge Manzanares e Charles R. Marmar della New York School of Medicine, è emerso che gli studi preclinici hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel ridurre l’ansia provocata da molti disturbi come, ad esempio, il disturbo da stress post-traumatico, quello d’ansia generalizzata, quello ossessivo-compulsivo e molti altri.

È del 2018, invece, lo studio degli scienziati dell’Università di Washington, pubblicato sul Journal of Affective Disorders, che ha preso in considerazione un campione di persone decisamente consistente – più di 1.400 volontari e volontarie – per indagare l’efficacia dei prodotti a base di cannabis nei confronti di ansia e stress.

I ricercatori si sono avvalsi di un’applicazione (Strainprint), con cui i partecipanti indicavano i propri dati (raccolti anonimamente), la quantità e il tipo di cannabis usata e, infine, gli effetti riscontrati.

Dalle 12.000 risposte pervenute agli autori dello studio, è risultato che più della metà (il 58%) percepiva una netta riduzione dell’ansia. In particolare, la cannabis con alto contenuto di CBD e basso di THC è stata indicata come la più efficace per trattare ansia e depressione.

 

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La cannabis light può ridurre i rischi di infezione da Covid? Weedy Point riporta uno studio a riguardo

“I nostri risultati suggeriscono che il CBD può bloccare l’infezione da SARS-CoV-2 nelle prime fasi dell’infezione, e la somministrazione di CBD è associata a un minor rischio di infezione da SARS-CoV-2 nell’uomo. La sostanziale riduzione del rischio di infezione da SARS-CoV-2 di circa un ordine di grandezza nei pazienti che hanno assunto CBD approvato dalla FDA evidenzia la potenziale efficacia di questo farmaco nel combattere l’infezione da SARS-CoV-2. Infine, la capacità del CBD di inibire la replicazione del MHV solleva la possibilità che il CBD possa avere efficacia contro nuovi virus patogeni che sorgeranno in futuro”.

Sono le conclusioni di un nuovo studio scientifico, in attesa della revisione paritaria (peer review), che nel frattempo è possibile leggere in forma integrale su bioRxiv. E conferma le potenzialità, già raccontate da diversi studi scientifici, dell’utilizzo del CBD quando compaiono i primi sintomi del Coronavirus.

Il CBD blocca l’infezione da SARS-CoV-2 e promuove alla risposta immunitaria nell’ospite
Nello studio, dal titolo inequivocabile “Il cannabidiolo inibisce la replicazione del SARS-CoV-2 e promuove la risposta immunitaria innata dell’ospite”, i ricercatori del Dipartimento Ben May per la ricerca sul cancro dell’Università di Chicago, sottolineano subito che: “La rapida diffusione del COVID-19 sottolinea la necessità di nuovi trattamenti. Qui riportiamo che il cannabidiolo (CBD), un composto prodotto dalla pianta di cannabis, inibisce l’infezione da SARS-CoV-2. Il CBD e il suo metabolita, 7-OH-CBD bloccano potentemente la replicazione della SARS-CoV-2 nelle cellule epiteliali del polmone. Il CBD agisce dopo l’infezione cellulare, inibendo l’espressione genica virale e invertendo molti effetti della SARS-CoV-2 sulla trascrizione genica dell’ospite. Il CBD induce l’espressione dell’interferone e regola la sua via di segnalazione antivirale. Una coorte di pazienti umani che avevano precedentemente assunto CBD ha avuto un’incidenza dell’infezione da SARS-CoV-2 significativamente inferiore fino a un ordine di grandezza rispetto alle coppie corrispondenti o alla popolazione generale. Questo studio evidenzia il CBD, e il suo metabolita attivo, 7-OH-CBD, come potenziali agenti preventivi e trattamenti terapeutici per la SARS-CoV-2 nelle prime fasi dell’infezione”.

Il CBD sopprime l’attivazione delle citochine
Non solo, perché i ricercatori continuano a spiegare che: “È importante notare che il CBD sopprime anche l’attivazione delle citochine in risposta all’infezione virale, riducendo la probabilità di reclutamento delle cellule immunitarie e le successive tempeste di citochine nei polmoni e in altri tessuti colpiti. Questi risultati completano i risultati precedenti che suggeriscono che il CBD sopprime la produzione di citochine nelle cellule immunitarie reclutate come i macrofagi”.

Tuttavia, concludono, “saranno necessari studi futuri per esplorare i mezzi ottimali di somministrazione del CBD ai pazienti insieme a studi clinici per testare pienamente la promessa del CBD come terapia per bloccare l’infezione da SARS-CoV-2”.

Terpeni, CBD e SARS-Cov-2: effetto antivirale migliore dei farmaci di riferimento
E un altro studio, anche questo in attesa di peer review, si è invece concentrato sugli effetti in vitro dei terpeni sul SARS-CoV-2, con e senza l’aggiunta di CBD. “La formulazione testata”, scrivono i ricercatori dell’azienda israeliana Eybna Technologies, “ha mostrato un effetto antivirale quando è stata pre-incubata con le cellule ospiti prima dell’infezione del virus. La combinazione della formulazione di terpeni (chiamata NT-VRL-1) con CBD ha potenziato l’effetto antivirale meglio dei controlli positivi pirazofurina e glicirrizina. C’era una forte correlazione tra i risultati quantitativi di un test di vitalità cellulare e l’effetto citopatico visto al microscopio dopo 72 ore. Per quanto ne sappiamo, questo è il primo rapporto di attività di una combinazione di terpeni e CBD contro un coronavirus”.

Riassumendo poi che: “I coronavirus umani hanno rappresentato un grande peso per la salute globale fin dagli anni ’60 (20). Lo sviluppo di nuove soluzioni antivirali efficaci con bassa tossicità e pochi effetti collaterali è una questione di grande interesse. Metaboliti vegetali secondari come i terpeni e i cannabinoidi hanno dimostrato di avere un potenziale antivirale significativo e una bassa tossicità, il che li rende buoni candidati per l’uso come agenti antivirali con effetti collaterali minimi”.

Poi proseguono spiegando che: “In questo studio, riportiamo l’attività antivirale della formulazione terpenica NT-VRL-1 e mostriamo che tale attività è stata potenziata quando è stata applicata insieme al CBD, suggerendo un effetto sinergico o additivo tra la formulazione terpenica e il CBD. Diversi studi hanno suggerito che le sostanze fitochimiche trovate nella cannabis possono essere utili come potenziali agenti antinfiammatori. Tale attività può essere particolarmente utile per controllare la sindrome da tempesta di citochine e la sindrome da distress respiratorio acuto associata alla COVID-19. Questo studio è il primo a testare le sostanze fitochimiche della cannabis per l’uso contro un coronavirus”.

Per concludere che: “NT-VRL-1 ha mostrato un effetto antivirale e dovrebbe essere preferibilmente pre-incubato con le cellule prima dell’esposizione al virus. La combinazione di NT-VRL-1 con CBD ha amplificato questo effetto antivirale. Questi risultati suggeriscono che NT-VRL con o senza CBD potrebbe essere utile come misura preventiva contro i coronavirus. Poiché i polmoni sono gli organi più colpiti dal COVID-19, il trattamento preventivo direttamente nei polmoni, possibilmente tramite inalazione, sarebbe la via di somministrazione ideale per questa potenziale soluzione terapeutica”.

Mario Catania

FONTE “DOLCEVITA”.

 

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Weedy Point intervista il dottor Manfred Fankhauser, esperto di preparati a base di cannabis

Il CBD (cannabidiolo) è una sostanza del gruppo dei cannabinoidi contenuta nella canapa (Cannabis sativa). Si ritiene che il CBD contrasti le infiammazioni e i dolori infiammatori.

Abbiamo chiesto al dottor Manfred Fankhauser le sue valutazioni ed esperienze. La sua farmacia di Langnau, BE, fornisce preparati a base di cannabis contenenti CBD e/o THC prevalentemente a pazienti che soffrono di dolore.

Lega svizzera contro il reumatismo: Qual è la differenza tra CBD e THC?

Dottore farmacista Manfred Fankhauser: CBD e THC si assomigliano molto dal punto di vista chimico. Hanno lo stesso numero e tipo di elementi di carbonio, idrogeno e ossigeno, ma a causa delle differenze strutturali questi principi attivi si comportano in modo diverso.

A differenza del THC, il CBD non ha effetti inebrianti e vi esercita perfino un effetto di contrasto.

Un’altra differenza è che il THC è molto più studiato del CBD.

Il CBD è consigliabile in caso di reumatismi?

Sì, ma bisogna considerare il fatto che il principale punto di forza del CBD non è il contrasto del dolore. In quest’ottica è più efficace il THC, i cui effetti antidolorifici sono ben documentati soprattutto nel caso della sclerosi multipla. Il CBD si distingue piuttosto per il suo potente effetto antinfiammatorio.

Quindi consiglia specificamente il CBD in caso di una malattia reumatica infiammatoria?

No. Le proprietà antinfiammatorie del CBD sono più efficaci in combinazione con le proprietà antidolorifiche del THC. Lo confermano numerosi risultati di ricerche sulla cannabis, studi di osservazione ed esperienze comunicate dai medici curanti o direttamente dai pazienti. In caso di artrite consiglierei quindi un olio o una tintura contenente entrambi i cannabinoidi, CBD e THC.

E per le altre forme reumatiche?

L’efficacia della combinazione tra effetto antidolorifico del THC e antinfiammatorio del CBD è comprovato anche in caso di artrosi, reumatismi extra-articolari, mal di schiena cronico e osteoporosi.

E per la fibromialgia?

Negli ultimi undici anni, la nostra farmacia ha fornito preparati a base di cannabis contenenti CBD e THC a circa 100 pazienti fibromialgici, ricevendo spesso feedback positivi.

Come spiega la grande attenzione nei confronti del CBD?

Potrebbero esserci diverse ragioni. Numerosi fornitori fanno pressione sul mercato per vendere i propri prodotti a base di CBD equiparandoli a rimedi miracolosi per il maggior numero possibile di patologie. Il CBD, però, non ha assolutamente queste proprietà.

Quindi sconsiglia l’uso del CBD?

Assolutamente no! Ci sono molti validi prodotti a base di estratti vegetali contenenti CBD vendibili liberamente. Oltre al CBD, questi prodotti contengono l’intera gamma naturale di cannabinoidi e altre sostanze della canapa ancora poco studiate.

Ci sono però anche aspetti negativi. Nelle analisi a campione sono stati trovati residui di pesticidi. Siccome i prodotti a base di CBD vendibili liberamente non sono medicamenti omologati, mancano anche le indicazioni di dosaggio. Inoltre, le quantità indicate (per esempio 5% o 10% di CBD) non sono sempre affidabili. Manca un controllo della qualità.

Cosa pensa delle terapie a base di CBD puro?

A seconda dell’indicazione o se il medico curante non vuole assolutamente prescrivere THC, la terapia con CBD puro è un’opzione. La nostra farmacia dispone di oli puri di CBD; si tratta di monopreparati senza THC per i quali è obbligatoria la prescrizione medica. Contengono tra il 2,5% e il 20% di CBD.

Dall’altro lato in Svizzera è disponibile da più di 11 anni il Dronabinol, un monopreparato a base di THC puro, senza CBD. Dal punto di vista medico, come già detto, per determinate patologie è più utile assumere in combinazione i diversi cannabinoidi presenti nella canapa sotto forma di preparati finiti o preparazioni magistrali prodotte da una farmacia.

Quali sono gli effetti collaterali?

Il CBD ha pochissimi effetti collaterali e può essere assunto senza preoccupazioni anche per un lungo periodo. Eventuali effetti collaterali come diarrea o una temporanea alterazione dei valori epatici derivano quasi sempre da un sovradosaggio.

Anche il THC ha pochi effetti collaterali. I preparati a base di cannabis contenenti THC producono un effetto inebriante solo ad alti dosaggi.

Come ci si procura il CBD e il THC medico?

Il medico curante deve prescrivere un preparato a base di THC e richiedere all’UFSP un’autorizzazione eccezionale individuale perché i preparati a partire dall’1% di THC sono disciplinati dalla legge sugli stupefacenti. La richiesta deve anche essere sottoscritta dal paziente. Sono necessari tra i sette e i dieci giorni per l’elaborazione da parte dell’UFSP, che poi emette una disposizione e una prescrizione per stupefacenti, di norma limitata a un anno.

Questa documentazione dell’UFSP permette di acquistare il preparato. L’invio per posta del preparato deve avvenire tramite raccomandata e il paziente stesso è tenuto a ritirare il pacco e sottoscriverne la ricezione.

Per i preparati a base di CBD puro è sufficiente una normale prescrizione medica.

Cosa è coperto dalla cassa malati?

I medicamenti con CBD e/o THC non sono coperti né dall’assicurazione di base, né dalle assicurazioni complementari.

Vale però la pena contattare la cassa malati e richiedere una garanzia dell’assunzione delle spese. In alcuni casi la terapia a base di cannabis è più economica di una terapia farmacologica convenzionale. Le casse coprono sempre più spesso le spese per la cannabis medica attorno ai 400-600 franchi mensili.

 

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Cannabis light tra uso terapeutico e uso ricreativo. Ecco un approfondimento di Weedy Point

Hai sentito parlare della cannabis light ma non hai mai approfondito l’argomento? Allora sei nel posto giusto. Devi sapere che viene usata sia ad uso terapeutico sia ad uso ricreativo. In ogni caso, la cannabis light ha notevoli proprietà benefiche, che possono aiutare ad attenuare dolori fisici o a risolvere problemi legati ad alcune patologie. Per quanto inizialmente tutti fossero scettici, anche i medici si sono ricreduti e ora molti studi di fisioterapia utilizzano la cannabis legale per alleviare i dolori dei pazienti. Possiamo trovare numerosi vantaggi legati alla cannabis light, molto diversa dalla classica marijuana. Ma prima di entrare nello specifico, chiariamo cosa intendiamo esattamente con “cannabis light”.

Cannabis light: Che cos’è
La cannabis light è un tipo di cannabis con THC inferiore allo 0,5%. Il THC è quell’elemento che causa lo “sballo” quando si fuma la cannabis classica, quella light ne è quasi priva quindi non causa effetti collaterali.

Ma come nasce la cannabis light? Devi sapere che la marijuana legale nasce dai semi di cannabis, accuratamente scelti per essere a norma, nel rispetto della Legge 242 del 2016. Così crescono le piante di cannabis e nascono infiorescenze con un THC basso e un’elevata quantità di CBD. A vista d’occhio non si potrebbe notare la differenza tra un fiore di marijuana classico o uno light, esteticamente sono molto simili ma in realtà gli effetti sono totalmente diversi.

Cannabis light: tutti i vantaggi
Ciò che rende diversa la cannabis light da quella classica, come abbiamo potuto vedere, è la differenza di THC. La cannabis light è innocua, non crea nessun tipo di problema, non sballa e assumerla non nuove alla nostra salute. Questo grazie al cannabidiolo (CBD), che si trova in dosi medie-elevate nella cannabis legale.

Il CBD può dare grossi benefici al nostro corpo, grazie alle sue proprietà:

  • antidolorifiche;
  • antidepressive;
  • rilassanti;
  • antispastiche;
  • anticonvulsivanti;
  • neuroprotettive;
  • antinfiammatorie;
  • antipsicotiche.

Insomma, i benefici sono davvero tanti e possono aiutarci a contrastare diversi problemi di salute di vario tipo. Grazie a queste caratteristiche, infatti, possiamo utilizzare il CBD per stare meglio a fronte delle seguenti condizioni:

  • insonnia notturna;
  • convulsioni e spasmi muscolari;
  • paralisi;
  • patologie infiammatorie;
  • anoressia e bulimia, limita il vomito e stimola l’appetito;
  • fibromialgia, artrite, emicrania;
  • ansia, attacchi di panico e depressione;
  • limita gli effetti collaterali di alcuni farmaci;
  • limita gli effetti collaterali di chemio e radioterapia;
  • migliora l’acne e altre problematiche della pelle.

Il CBD non crea effetti collaterali e non causa dipendenza. E’ una cura del tutto naturale e viene usato sempre di più anche in campo medico, ritenuto sempre più utile. Ovviamente vi consigliamo di consultare sempre il vostro medico.

Cannabis light: uso terapeutico e uso ricreativo
Abbiamo visto che la cannabis light può aiutarci a risolvere molti problemi di natura fisica. Devi sapere però che il CBD si può usare sia a scopo terapeutico che ricreativo, vediamo la differenza.

Cannabis light a uso terapeutico
Quando parliamo di cannabis light a uso terapeutico, ci riferiamo al fatto che viene utilizzata come materia prima per creare veri e propri farmaci. Nella fase di produzione, il controllo medico è indispensabile, perché ovviamente deve essere tutto regolare e a norma. La specifica della presenza della cannabis light in un determinato farmaco viene sottolineata nel foglio illustrativo. Ogni prodotto è controllato rigorosamente dall’AIFA, Agenzia per il Farmaco. Farmaci che presentano la cannabis light vengono venduti solo tramite ricetta di un medico specialista, non possono essere venduti liberamente in farmacia, dato che comunque si tratta di farmaci particolari.

Cannabis light a uso ricreativo
Con il termine “ricreativo” ci si riferisce alla cannabis che si utilizza solo per lo “sballo”. In questo caso serve solo per divertimento e può essere pericolosa nel caso in cui supera i limiti di legge. Come abbiamo detto la presenza di THC è davvero minima, ma in alcune magari è presente in dosi più elevate, dipende anche dalla tipologia. Stiamo sempre attenti alle varie specifiche.

Conclusioni
La cannabis light viene utilizzata anche per prodotti come i profumatori per ambienti, olio di canapa, capi d’abbigliamento, cura della persona. Non hanno nessun effetto e non danneggiano in alcun modo. L’unico scopo è quello di donare relax, sono sicuri e possono dare molti vantaggi, in questo caso non in campo medico.

Non ci sono particolari svantaggi nell’utilizzo nella cannabis light, anzi, possiamo trovare solo che benefici. Esistono comunque tantissime qualità diverse, cambia il profumo e possono cambiare anche le proprietà tra l’una e l’altra. Il THC è presente sempre al minimo, ma prima di scegliere una qualità informiamoci bene. E’ fondamentale anche scegliere il modo giusto per consumarla, così da evitare la combustione, nociva per il nostro corpo.

Vai al sito www.weedypoint.com, troverai tantissimi consigli e molte varietà di cannabis light. Grazie al negozio Weedy Point di marijuana legale online, puoi ordinarla e farla arrivare direttamente a casa tua.

 

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Gli usi terapeutici della cannabis light. Weedy Point spiega come il CBD può agire positivamente sul nostro organismo

Seconda sostanza più abbondante presente nella cannabis, il cannabidiolo (CBD) è un metabolita non psicotico: ha effetti rilassanti, antidistonici, anticonvulsivanti, antiossidanti, antinfiammatori, non crea alcuna assuefazione, ma vanta una vasta gamma di applicazioni terapeutiche validate dai risultati delle ricerche scientifiche.

Non a caso, negli ultimi anni, si è rinnovato sempre di più l’interesse della comunità scientifica per il potenziale terapeutico del CBD, che è oggi riconosciuto tra gli elementi principali della “Cannabis Terapeutica”, e che è già stato utilizzato in diversi studi per il trattamento di numerose patologie e disturbi della salute dell’organismo umano.

CBD Effetti: cos’è il cannabidiolo?
Introdotto quanto sopra, cerchiamo di approfondire passo dopo passo il tema di oggi, con una serie di paragrafi che – ne siamo certi – ti permetteranno non solamente di comprendere che cos’è il CBD Cannabidiolo, quanto anche quali siano le sue proprietà curative e i suoi effetti.

Per far ciò, iniziamo con il ricordare che la Cannabis sativa o – genericamente – canapa è una pianta appartenente alla famiglia delle Cannabaceae costituita da diverse sostanze cannabinoidi: il THC (tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo).

Il CBD è classificato dall’Unione Europea come prodotto alimentare ed è presente in piccole quantità in numerosi ceppi di marijuana. Tuttavia, in alcuni rari casi, il CBD può essere il cannabinoide dominante. A differenza del THC, il CBD è un cannabinoide molto stabile, non è sensibile all’ossidazione, non è psicoattivo e vanta molte proprietà medicinali. Agisce come antagonista competitivo del THC e ne limita la degradazione da parte del fegato, inibendo l’enzima citocromo P-450-3° e 2C e la competizione diretta con THC enzimi degradanti.

CBD e THC: quali sono le differenze?
Chiarito quanto precede, ricordiamo anche come nella Cannabis sativa i ricercatori abbiano identificato oltre 400 sostanze chimiche differenti e oltre 60 di queste appartengono alla famiglia dei cannabinoidi.

Il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) è il principio attivo più studiato, anche se non è assolutamente l’unico. I suoi effetti e le sue proprietà sono notevoli, considerato che diverse ricerche hanno dimostrato che tale principio attivo può migliorare le funzioni sensoriali come la vista, l’udito, la sensibilità al colore, e non solo. Tale principio può infatti incrementare l’eccitazione sessuale negli uomini e nelle donne, e può cambiare – entro certi limiti – anche la percezione dello spazio/tempo.

In aggiunta a ciò, il principio THC è utile per poter produrre una forte sensazione di euforia, per assicurare il benessere mentale e per “affinare” la mente incoraggiando la curiosità e la creatività. Il THC è anche noto per aumentare l’appetito interferendo con la leptina, responsabile dell’ormone della sazietà.

Rileviamo altresì, a completamento di questa parte introduttiva, come il THC abbia una relazione equivalente con i recettori CB1 e CB2 ed imita l’azione dell’anandamide, un cannabinoide naturale prodotto dal cervello umano.

Per quanto concerne gli usi medicali, il THC è un potente:

  • Neuroprotettivo: protegge dai problemi neurologici e dalla degenerazione cerebrale legata all’invecchiamento (Alzheimer …). il THC timola la neurogenesi, ovvero la creazione di nuovi neuroni.
  • Ansiolitico e antidepressivo: riduce i sintomi dell’ansia, con effetto euforico e rilassante.
  • Analgesico: riduce il dolore.
  • Antinfiammatorio: 20 volte più dell’aspirina e due volte quello dell’idrocortisone.
  • Antitumorale e antimetastatico: combatte alcuni tumori (leucemia, glioblastoma, carcinoma epatocellulare, colangiocarcinoma, carcinoma mammario HER2-positivo, etc.).
  • Antispasmodico: riduce gli spasmi e le convulsioni.
  • Antiemetico: riduce la nausea e il vomito, come quelli derivanti dal trattamento del cancro o dall’Aids.
  • Antiossidante contro i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare.
  • Broncodilatatore: aiuta gli asmatici a respirare.
  • Anti cachessia: stimola l’appetito e incoraggia a mangiare.
  • Inoltre, è adatto per il trattamento della sclerosi multipla (Sep), dell’apnea notturna, dell’epilessia (riduzione della frequenza delle crisi), del glaucoma (riduce la pressione intraoculare) e combatte la malattia di Crohn.

Attenzione, però. Se infatti quanto sopra è oramai accertato clinicamente, è anche vero che livelli di THC troppo elevati possono causare alcuni effetti collaterali come il disorientamento spazio – temporale, la perdita di memoria, la tachicardia, il nervosismo, l’ansia e la paranoia.

Per questo motivo, le persone con predisposizioni alla schizofrenia, al bipolarismo o all’ansia dovrebbero evitare di consumare le varietà di cannabis con alti livelli di THC, pur nella consapevolezza che questi effetti collaterali sono generalmente limitati dalla presenza di altri cannabinoidi come il CBN o il CBD.

Di contro, a differenza del THC, il cannabidiolo (CBD) è un cannabinoide non-psicoattivo, privo di effetti sul cervello ed è un efficace farmaco anticonvulsivante e analgesico.

Tra gli effetti CBD rileviamo come sia in grado di modulare l’azione del THC a livello cerebrale, prolungandone l’efficacia analgesica e limitandone gli effetti collaterali. L’intensità dei “cannabinoidi effetti” cannabis dipende principalmente dalla quantità di THC presente nella marijuana e dalla sua relazione con la quantità di CBD.

CBD: quali sono le proprietà curative più apprezzate?
A questo punto possiamo ulteriormente fare un passo in avanti nell’esplorazione del nostro tema, CBD effetti, per poter comprendere in che modo tali sostanze impattino sul nostro corpo in maniera percettibile.

Considerato ciò, non è certo errato affermare che il CBD agisce sul corpo principalmente mediante un potente effetto rilassante sui muscoli, avvertibile in misura chiara, inducendo uno stato di sedazione.

Il CBD agisce sul recettore CB1, CB2 e su altri recettori non cannabinoidi, come il 5-HT1A, amplificando il suo effetto ansiolitico. Ha lo stesso precursore metabolico del THC ed è il principale cannabinoide presente in varietà di cannabis con bassi livelli di THC.

Il CBD riduce fortemente alcuni degli effetti collaterali del THC, come la perdita di memoria, il nervosismo ed il disorientamento. Il cannabidiolo è un potente analgesico ed un antinfiammatorio, in grado di ridurre l’infiammazione.

Il CBD poseepropiedades è un potente antitumorale, antimetastatico ed è in grado di limitare la progressione di alcuni tumori (prostata, seno, colon, cervello …). È anche un potente ansiolitico e antidepressivo: riduce i sintomi dell’ansia e ha effetti rilassanti.

Ancora, segnaliamo come il cannabidiolo sia un antiemetico in grado di ridurre la nausea e il vomito, e sia un antipsicotico, aiuta a combattere la schizofrenia, i deliri e le allucinazioni. È efficace nel trattamento della sclerosi multipla (SEP) e della fibromialgia, è un potente miorilassante, aiuta a combattere l’insonnia, protegge dalla degenerazione cerebrale (morbo di Alzheimer e allevia l’artrite reumatoide.

Sull’organismo umano il CBD agisce come:

  • Antiepilettico: riduce convulsioni e convulsioni.
  • Antidiabetico: abbassa i livelli di zucchero nel sangue.
  • Antispasmodico: previene spasmi e convulsioni.
  • Anti-ischemico: riduce il rischio di arterie ostruite.
  • Antibatterico: rimuove alcuni batteri, limitandone il movimento e la riproduzione (batteriostatica), in modo più efficace del THC.
  • Ipotensivo: riduce la pressione sanguigna.
  • Anti-procinetico: rallenta le contrazioni dell’intestino tenue, aiuta a combattere la malattia di Crohn (ma aumenta l’abituazione a Remicade) e la malattia dell’intestino irritabile.
  • Antiossidante contro i radicali liberi (il CBD è più antiossidante delle vitamine C o E).
  • Inoltre, riduce la voglia di fumare tabacco, stimola la crescita ossea e combatte l’acne e la psoriasi.

CBD blocca le metastasi?
Prima di giungere allo stato conclusivo del nostro approfondimento su CBD effetti vogliamo apportare una piccola integrazione su un noto e interessante studio condotto nel 2007 dall’équipe del California Pacific Medical Center, che avrebbe validato la tesi secondo cui il cannabidiolo potrebbe essere in grado di bloccare il gene che provoca la diffusione delle metastasi del cancro al seno, ma anche di altre forme tumorali.

In particolare, dai risultati della ricerca è emerso che il CBD contenuto nella marijuana potrebbe diventare una valida alternativa alla chemioterapia. Ma è davvero così?

Anche se autorevoli ricercatori (lo stesso Professor Umberto Veronesi ebbene modo di sottolineare a suo tempo come la “fonte universitaria sia molto seria”), la cautela deve essere massima e, soprattutto, non lasciare spazio a ventate di illusorio ottimismo.

Rimandando pertanto a fonti più autorevoli, rammentiamo in questo passaggio come l’oggetto della ricerca scientifica non fosse la “droga”, ma un composto di derivati della cannabis che potrebbero davvero “combattere il tumore al seno”.

In particolare, il cannabidiolo funzionerebbe bloccando l’attività del gene Id-1, ritenuto responsabile della “metastatizzazione”, argomenta Sean McAllister, ricercatore dell’équipe del California Pacific Medical Center. Da questo interessante studio, i ricercatori di altri atenei universitari hanno iniziato a sondare gli effetti del CBD sulle patologie tumorali. Cosa è emerso?

Il cannabidiolo potrebbe bloccare anche le cellule del tumore cerebrale aggressivo. Il CBD offrirebbe la speranza ai malati di cancro di seguire una terapia in grado di ottenere gli stessi risultati della chemioterapia senza gli effetti collaterali, come la nausea e il maggior rischio di infezioni. Burkhard Hinz, Docente dell’Università di Rostock in Germania, sottolinea che “nonostante siamo ancora lontani dal mettere in pratica la nostra scoperta in una terapia clinica, quello che emerge è che il cannabidiolo ha effetti potenzialmente terapeuticamente utili nella lotta ai tumori”. Si tratta di ricerche e studi che hanno dato buoni risultati e speranze, anche se i risultati dovranno essere seguiti da trial sull’uomo per valutare la sicurezza del cannabidiolo.

Effetti collaterali del CBD
Ma ci sono effetti collaterali del CBD o no?

Rimandando a quanto affermato da un noto rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, “nell’uomo, il CBD non mostra effetti di potenziale dipendenza … Ad oggi, non vi sono prove di problemi relativi alla salute associati all’uso del CBD puro”.

Certo è che, però, livelli troppo elevati di CBD possono causare sedazione (sonnolenza), secchezza delle fauci, bassa pressione sanguigna e stordimento. Alcune ricerche suggeriscono che l’assunzione di alte dosi di cannabidiolo potrebbe peggiorare i movimenti muscolari e tremori nelle persone malate di Parkinson. Non producendo effetti psicotropi, il CBD è legale nella maggior parte dei paesi del mondo.

CBD legale: come assumerlo?
In commercio si possono acquistare diverse tipologie di prodotti a base di olio di Canapa e CBD. In ogni caso, la materia prima utilizzata per produrre gli estratti di CBD appartiene alle varietà di cannabis ammesse alle coltivazioni ad uso industriale e iscritte al registro comunitario europeo.

 

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Dolori mestruali, come contrastarli con olii e infiorescenze di cannabis light. Lo spiega Weedy Point

Per secoli la cannabis è stata un valido alleato contro i dolori mestruali per le donne di tutto il mondo.

Questo efficace aiuto naturale è stato poi accantonato per molti anni in occidente mentre, ad esempio, la medicina cinese ha continuato a spronarne l’utilizzo sotto forma di olio concentrato o decotti per riallineare gli equilibri interni delle donne durante il periodo del ciclo.

In Europa come negli Stati Uniti, in seguito alla recente legalizzazione della cannabis o della cannabis light (a seconda dello stato), in moltissimi paesi inizia finalmente ad avere una visione un po’ più obiettiva sui benefici che possono dare i derivati della cannabis per la cura del corpo e della mente.

Negli USA in molti Stati in cui la cannabis è stata legalizzata viene usata dalle donne per combattere il dolore correlato al ciclo mestruale e addirittura nello stato di New York la marijuana medica viene legalmente prescritta per i dolori mestruali dal medico.

La salute femminile

L’argomento delle problematiche di salute correlate al ciclo mestruale è ancora oggi poco approfondito, l’approccio comune alla sofferenza da ciclo è che aspecifico o pressoché nullo, come se la donna fosse destinata a soffrire senza lamentarsi troppo. Inoltre le soluzioni specifiche offerte dalla medicina sono davvero poche e molto spesso si esauriscono con la somministrazione di antidolorifici o con la prescrizione di anticoncezionali (entrambi farmaci con effetti collaterali piuttosto pesanti).

Oltre ai dolori “classici” da ciclo di entità relativamente limitata sono da evidenziare tantissime patologie correlate al ciclo riproduttivo femminile: la dismenorrea, l’ovaio policistico, l’acne di origine ormonale, l’endometriosi.

Dolori mestruali: sindrome premestruale e dismenorrea
Quando i dolori mestruali diventano un disturbo cronico e invalidante si parla di dismenorrea, una vera e propria condizione medica che colpisce la donna ogni mese con ripetitiva e flagellante puntualità. E non stiamo parlando di una condizione rara, si calcola infatti che la dismenorrea affligga fino all’80% delle donne in età fertile almeno per un periodo della vita. La dismenorrea è una sindrome caratterizzata da un ciclo mestruale estremamente doloroso mentre, mentre per chi prova semplici disagi non particolarmente debilitanti si parla di sindrome premestruale (PMS). I sintomi di queste condizioni sono diversi da donna a donna, molte necessitano di riposo forzato, accusano crampi, nausea, diarrea, forti cefalee e dolori muscolari.

Le donne affette da dismenorrea spesso sono costrette a giorni interi di riposo forzato e devono assentarsi dal lavoro o limitare le proprie attività fisiche per diversi giorni ogni mese; inoltre i sintomi possono iniziare subito dopo l’ovulazione perdurare fino alla fine del ciclo.

Ma perché le mestruazioni provocano dolore?

Durante questo periodo l’apparato riproduttivo femminile rilascia molecole chiamate prostaglandine che causano continue contrazioni dell’utero e proprio a causa di questo movimento inusuale la donna percepisce i tipici “crampi” mestruali della PSM. Le donne che soffrono di dismenorrea hanno solitamente una contrazione muscolare uterina molto accentuata e accusano quindi sintomi più intensi che coinvolgono spesso tutto il corpo.

Sia la dismenorrea che in modo minore la PSM provocano un forte impatto nella vita delle donne, sia sul piano fisico che su quello mentale, portando a vere e proprie forme di isolamento sociale e senso di inadeguatezza che può sfociare in forme anche gravi di depressione.

Il CBD, una nuova risorsa contro i dolori mestruali

In questi ultimi anni l’attenzione delle donne si è concentrata soprattutto sull’olio di CBD, che come soluzione per ciclo mestruale problematico sta guadagnando sempre maggiore approvazione e popolarità. Certo, la maggior parte delle scuole di medicina non si interessa affatto al CBD. Ma la molecola non psicoattiva del cannabidiolo (un metabolita della cannabis) ha effetti rilassanti, antinfiammatori, antidolorifici, anticonvulsivanti, antidistonici, antiossidanti, favorisce il sonno ed è molto efficace contro ansia e sbalzi di umore. Solo ultimamente, alcuni ricercatori stanno sviluppando nuovi studi riguardanti gli effetti dei cannabinoidi, ma per ora sono pochissimi i farmaci realmente approvati, almeno è così in Italia.

Effetti del CBD sui dolori mestruali

I dolori da ciclo mestruale non sono ovviamente ancora ritenuti una condizione idonea alla prescrizione di cannabis terapeutica e in Italia sicuramente non lo saranno ancora per molto tempo. Tuttavia è possibile trovare un valido aiuto contro questo tipo di dolori nel CBD, che è disponibile per esempio sotto forma di olio concentrato o nelle infiorescenze di cannabis light. Non essendo considerati prodotti medici i concentrati di CBD non necessitano di prescrizione medica e possono essere tranquillamente sperimentati da tutte le donne vista la totale mancanza di controindicazioni.

Ma perché il CBD può essere un valido aiuto contro i dolori da ciclo mestruale?

Gli organi riproduttivi femminili sono fortemente ricettivi nei confronti dei cannabinoidi, in particolare il CBD ha effetti rilassanti e distensivi su tutto l’apparato, e proprio per questo è in grado di ridurre il dolore favorendo un andamento più lieve delle contrazioni uterine e allo stesso tempo la sua azione antinfiammatoria aiuta i muscoli coinvolti a subire meno danni durante questo processo fisiologico fortemente debilitante.

 

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Il CBD ha delle potenzialità terapeutiche in caso di patologie cardiovascolari. Scopriamole con Weedy Point

Il CBD, un cannabinoide della pianta di cannabis, è diventato oggetto di studio per i suoi effetti sul sistema cardiovascolare. Il composto si sta rivelando promettente come futuro agente terapeutico per le malattie cardiovascolari, in parte a causa della sua capacità di abbassare la pressione sanguigna e di placare le infiammazioni.

Il sistema cardiovascolare svolge un ruolo fisiologico vitale nel nostro organismo. Composto da cuore, polmoni e vasi sanguigni, questo sistema svolge una funzione cruciale: trasportare sostanze nutritive, ormoni e ossigeno alle cellule attraverso il flusso sanguigno. Inoltre, smaltisce anche i prodotti di scarto, come il biossido di carbonio e altri rifiuti azotati attraverso gli stessi meccanismi.

Data la sua vitale importanza, risulta abbastanza ovvio che eventuali malfunzionamenti o malattie del sistema cardiovascolare possono avere conseguenze catastrofiche. Non è infatti un caso che le patologie cardiovascolari siano tra le principali cause di morte in tutto il mondo. I disturbi che rientrano in questa categoria includono le malattie cardiache reumatiche croniche, l’ipertensione, la coronaropatia, gli ictus e le malattie delle arterie, delle arteriole e dei capillari.

Le cause delle malattie cardiovascolari sono numerose, ma uno dei fattori più importanti è sicuramente lo stile di vita. Il modo migliore per evitare che tali condizioni si verifichino è seguire una dieta sana e fare esercizio fisico regolare.

Un’altra soluzione per prevenire, e possibilmente trattare, le malattie cardiovascolari potrebbe risiedere all’interno delle piante di cannabis. La ricerca sta dimostrando che il CBD è un agente terapeutico efficace per una serie di problemi di salute, tra cui le malattie cardiovascolari. Alcuni studi suggeriscono che il sistema cardiovascolare può trarre importanti benefici dal CBD, i cui effetti antinfiammatori ed antiossidanti sono la chiave della sua azione terapeutica.

I cannabinoidi hanno dimostrato di avere un effetto diretto sul sistema vascolare. A quanto pare, il CBD sarebbe in grado di ridurre la tensione delle pareti dei vasi sanguigni.

Uno dei benefici del CBD sul sistema cardiovascolare è la sua capacità di ridurre la pressione sanguigna a riposo, così come la pressione sanguigna di fronte a stimoli stressanti. Un articolo del 2017 pubblicato sulla rivista JCL Insight studiò la capacità del CBD nel ridurre la pressione sanguigna nel corpo umano. Ai nove volontari maschi sani che parteciparono allo studio furono somministrati 600mg di CBD o di placebo.

Secondo i risultati ottenuti, il CBD dimostrò di poter abbassare la pressione sanguigna sistolica a riposo (la pressione arteriosa massima durante la contrazione cardiaca) e di ridurre il volume sistolico (la quantità di sangue pompato ad ogni battito). Questi risultati hanno importanti implicazioni considerando che l’ipertensione arteriosa è una delle cause della cardiopatia ischemica.

Lo studio ha anche dimostrato che il CBD è in grado di ridurre la risposta della pressione arteriosa allo stress. Sebbene lo stress sia spesso percepito come un problema di salute mentale, a lungo andare può avere profonde conseguenze fisiologiche. Lo stress a lungo termine viene infatti associato allo sviluppo delle malattie cardiovascolari. Tale stress può derivare dall’isolamento sociale, dal basso status socio-economico, dalla vita lavorativa e dall’ansia.

Lo stress può contribuire ad innescare le malattie cardiovascolari aumentando la pressione sanguigna. Anche il rilascio cronico di ormoni dello stress, come ad esempio adrenalina e cortisolo, può essere un fattore determinante. La ricerca ha dimostrato che lo stress può cambiare i meccanismi di coagulazione del sangue, aumentando il rischio di infarti.

Secondo un documento[2] di ricerca del 2012, il CBD avrebbe anche effetti ansiolitici. Poiché l’ansia è un fattore che contribuisce allo stress, e lo stress può a sua volta innescare malattie cardiovascolari, si tratterebbe di un ulteriore meccanismo generato dagli effetti benefici del CBD sul sistema cardiovascolare.

Miocardite
La miocardite è una malattia causata dall’infiammazione del miocardio, il tessuto muscolare del cuore. La British Heart Foundation riporta che tale patologia non è indotta da fattori legati allo stile di vita, tra cui il fumo e la dieta. La fondazione afferma inoltre che non esistono terapie mediche disponibili per prevenire tale disturbo. Molte persone che si ammalano di miocardite si riprendono con complicazioni minime o nulle. Tuttavia, in alcuni casi l’infiammazione degenera a tal punto da danneggiare il cuore.

Le cause principali della miocardite sono le infezioni virali, batteriche e fungine e le malattie autoimmuni. I sintomi di questa patologia possono spesso manifestarsi come dolore/senso di oppressione al petto, mancanza di respiro, difficoltà a respirare, sintomi simili ad un’influenza e palpitazioni cardiache.

Alcune interessanti ricerche hanno dimostrato che il CBD potrebbe avere in futuro importanti applicazioni terapeutiche contro la miocardite. Un articolo del 2016 pubblicato sulla rivista Molecular Medicine ha esaminato gli effetti del CBD su infiammazioni, ricostruzione e disfunzioni del miocardio in cavie animali affette da miocardite autoimmune.

I risultati dello studio mostrano come la somministrazione di CBD tenda a ridurre sensibilmente la miocardite autoimmune, migliorando anche le disfunzioni del miocardio e l’insufficienza cardiaca. I risultati raggiunti dal CBD sono in gran parte dovuti ai suoi effetti antinfiammatori ed antifibrotici. Gli autori dello studio sostengono che il CBD potrebbe avere un enorme potenziale nelle terapie contro la miocardite.

Ischemia miocardica e aritmia
L’ischemia è definita come un apporto insufficiente di sangue ad un organo o ad una qualsiasi parte del corpo, in modo particolare nei muscoli del cuore. Quando si parla di cuore, l’ischemia può causare aritmie o battito cardiaco irregolare. Un battito del cuore più lento del normale è anche conosciuto come bradicardia, mentre il battito cardiaco più accelerato è noto come tachicardia. Un battito cardiaco irregolare viene definito come fibrillazione o flutter atriale.

Le sostanze nutritive e l’ossigeno trasportati dal sangue sono vitali per le cellule, ma quando vengono a mancare può verificarsi la morte cellulare, o necrosi. Quando l’ischemia interrompe il flusso di sangue verso il cuore, si creano le condizioni per un infarto, ovvero una piccola area localizzata di tessuti muore a causa della mancanza di afflusso di sangue.

Il CBD sembra avere effetti cardioprotettivi quando si parla di ischemie e di mancanza di flusso sanguigno verso il cuore. Un articolo pubblicato sul British Journal of Pharmacology ha rilevato che la somministrazione acuta di CBD in vivo sopprime le aritmie cardiache indotte dalle ischemie e riduce le dimensioni dell’infarto, quando somministrato a riperfusione (terapie che ripristinano il flusso sanguigno).

Otre ad avere un effetto di risparmio dei tessuti riducendo le dimensioni dell’infarto, il CBD offre anche effetti antiaritmici.

 

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