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Il vantaggi della cannabis light nello sport. Ce ne parla Weedy Point

Da alcuni anni il cannabidiolo è stato riconosciuto, nel mondo, come un potente analgesico e antidolorifico naturale.

Molti sono gli effetti benefici sul nostro organismo e forte è il legame tra CBD e sport.
Negli Stati Uniti sempre di più sono i personaggi del mondo dello sport che apprezzano le proprietà terapeutiche del cannabidiolo. In particolare il CBD e’ molto utilizzato nelle discipline di contatto, come il football, le arti marziali perché il CBD e i suoi derivati favoriscono il recupero fisico e muscolare in modo naturale.

Il CBD oltre ad un’azione rilassante sui muscoli, svolge un’azione di supporto per le attività che richiedono lucidità e concentrazione in quanto influisce positivamente dal punto di vista psicofisico e come base per le funzionalità cognitive. Il CBD, estratto dalla canapa sativa, va distinto dal THC che ha invece un’azione psicoattiva e psicotropa. L’olio di CBD non ha controindicazioni ed e’ di grande aiuto sia per chi pratica un’attività fisica amatoriale sia per gli atleti professionisti. La sua efficacia è stata riconosciuta anche dall’Agenzia Mondiale Antidoping che lo ha eliminato il cannabidiolo dall’elenco delle sostanze tossiche (2018).

I vantaggi del CBD nello sport

Il CBD è antinfiammatorio, miorilassante, favorisce il recupero muscolare dopo uno sforzo intenso sia a livello amatoriale, sia a livello agonistico in ambito sportivo.

Da dove deriva il CBD e perché è così efficace?

Il cannabidiolo (CBD) è una sostanza estratta dalle infiorescenze femminili della pianta di cannabis sativa. In commercio si trova sotto forma di olio di cannabis, tisane al cbd, cristalli o creme.

La sua azione sull’organismo è legata al sistema endocannabinoide composto da milioni di recettori che reagiscono in modo significativo all’azione dei fitocannabinoidi, attraverso meccanismi diversi.

Secondo uno studio pubblicato su Sports Medicine-Open il legame tra sport e CBD è molto forte.
E’ dimostrato che il CBD ha effetti antinfiammatori, neuroprotettivi e analgesici, che incidono sulle prestazioni degli atleti professionisti e non. Il CBD riduce anche gli effetti negativi di un allenamento intenso e prolungato, responsabile dell’invecchiamento cellulare e di danni ai muscoli scheletrici.

Un’attività fisica quotidiana, come la corsa, lo sci o il ciclismo, nel tempo può generare delle microlesioni ai muscoli e dar vita a dei processi infiammatori. Il CBD agisce sui processi di guarigione e migliora lo stato del sistema immunitario, accorciando i tempi di guarigione grazie alle citochine antinfiammatorie. Si favorisce, così, il recupero muscolare riducendo i periodi di riposo forzato.

Il CBD è molto utilizzato anche per la sua capacità di rilassare e distendere il sistema nervoso, favorendo il riposo, la qualità del sonno e riducendo gli stati d’ansia e stress e migliorando le prestazioni atletiche.

Il CBD nello sport puo’ essere usato senza problemi?

Dal 2018 l’Agenzia mondiale antidoping (WADA) ha eliminato il CBD dalla lista delle sostanze proibite e dopanti per gli atleti professionisti dopo la pubblicazione di moltissimi studi sugli effetti benefici del cannabidiolo sull’organismo.
La cannabis terapeutica è utilizzata regolarmente da oltre 35 milioni di americani e tra essi sono molti gli atleti professionisti che la usano, promuovendo l’uso del CBD nello sport come alternativa all’uso di sostanze dannose per l’organismo e illegali.
Il CBD è una sostanza sicura sia a chi pratica sport a livello amatoriale, sia per chi fa sport a livello agonistico.
Il CBD riduce l’ansia da prestazione e la mente rimane concentrata sugli obiettivi da raggiungere. Nel post allenamento ha un effetto detox e accelera il processo di disintossicazione dell’organismo.
Per non incorrere in sanzioni e risultare in regola nei controlli antidoping bisogna utilizzare prodotti a base di CBD legale, come l’olio di CBD, i cristalli di CBD, le tisane alla marijuana, le inflorescenze e i cosmetici (crema viso, crema mani, crema corpo e balsamo labbra). Bisogna distinguere il CBD dal tetraidrocannabinolo (THC), che può essere presente nei prodotti a base di marijuana ad uso ricreativo solo in percentuali regolamentate dalla legge e stabilite dal Ministero della Sanità.

Molti sportivi statunitensi hanno dichiarato quanto il CBD sia potente nel ridurre le infiammazioni e gli effetti collaterali di allenamenti troppo intensi in modo naturale.
A scegliere prodotti a base di marijuana legale sono atleti e professionisti legati a discipline che richiedono sforzi intensi come il football, l’hockey e il mondo dei combattimenti.
Grazie alla sua efficacia contro ansia e stress, il CBD è molto utilizzato anche dagli sportivi che praticano discipline come il golf e la ginnastica, che richiedono calma e concentrazione.

Tra i nomi più noti nel mondo dello sport, troviamo la campionessa olimpica di ginnastica Gabby Douglass, Rob Gronkowski ex New England Patriots della NFL, il lottatore MMA Nate Diaz, Il golfista Lucas Glover, gli olimpionici Kerri Walsh Jennings e Lolo Jones.

Il CBD rinforza e stimola il sistema immunitario

Molte attività sportive mettono a dura prova l’organismo per sessioni di allenamento che non tengono conto delle condizioni metereologiche e dei cambiamenti climatici.
Le attività all’aperto, come lo sci, la corsa o il calcio espongono il corpo al rischio di malattie da raffreddamento, febbre e influenza. Per rispondere in maniera efficace a queste situazioni, il CBD è molto indicato.
Il cannabidiolo stimola il sistema immunitario e aiuta il corpo a reagire contro le infezioni.
La capacità di resistere allo stress e alle sollecitazioni esterne permette di avere un corpo più sano e allenato.
Un sistema immunitario debole subisce attacchi da parte di agenti esterni, costringendo gli atleti a saltare le sessioni di allenamento e portandoli ad un recupero più lento. Mentre un corpo sano permette performance migliori, riducendo l’ansia da prestazione.

Uno studio australiano ha dimostrato che i cannabinoidi interagiscono con i neurotrasmettitori del cervello in maniera positiva e promuovono la neurogenesi con l’attivazione dei neuroni creando un effetto calmante e sedativo che permette di affrontare le situazioni con maggiore lucidità.

Il CBD promuove l’aumento e la crescita delle cellule cerebrali, riducendo la sensazione di stanchezza legata ad allenamenti intensi e frequenti.
Durante una preparazione, prima delle competizioni o nei periodi di forte pressione, il corpo viene sottoposto a stimoli intensi. La conseguenza è quella di avere un organismo stressato, stanco e che fatica ad allenarsi. Il CBD regola gli ormoni di stress e ansia e permette all’organismo di reagire positivamente, raggiungendo ottimi risultati

Uno degli effetti più importanti del CBD è la qualita’ di antinfiammatorio, efficace per infortuni, per alleviare i dolori dovuti ad attività prolungata ed usurante. Molti atleti scelgono il CBD contenuto in unguenti, lozioni e creme da applicare a livello locale per ridurre l’infiammazione e il dolore muscolare.

Con allenamenti intensi si possono creare microlesioni muscolari che, se non trattate, causano infiammazioni, dolori muscolari e stanchezza che rallentano il recupero funzionale. ll CBD gestisce la risposta immunitaria e regola la produzione di citochine antinfiammatorie e i tempi di recupero si riducono.

Il CBD previene i traumi, gli spasmi muscolari e i crampi che, protratti nel tempo, possono creare disagio agli atleti.
Dopo un allenamento intenso, il corpo manifesta la sua stanchezza con una sensazione di dolore o con uno stiramento.
Il cannabidiolo attenua queste sofferenze, facendo aumentare la soglia del dolore e riducendo i crampi muscolari del dopo allenamento. I prodotti a base di CBD non hanno rischi e le performance migliorano generano benessere e positivita’ e recupero muscolare e buon sonno. Quindi i prodotti a base di cannabidiolo, , prevengono i processi infiammatori preservando le cellule muscolari, lesioni e gli stiramenti muscolari.

Il CBD aiuta a controllare il peso e a gestire l’appetito

Il rapporto tra CBD e appetito è molto stretto. Il cannabidiolo e’ un regolatore della fame, in grado di influenzare il metabolismo in modo importante. Il cannabidiolo non causa la fame chimica, regola la sensazione di fame e aiuta a mantenere sotto controllo il peso.
Inoltre il CBD riduce gli effetti negativi dell’attività sportiva, come la nausea legata agli sforzi intensi o la sensazione di avere lo stomaco in disordine.

A livello muscolare, il CBD è molto utile per lo sviluppo e la crescita di massa muscolare. Per questo motivo, i prodotti a base di cannabidiolo vengono scelti da chi svolge un’attività sportiva orientata al potenziamento e all’aumento della massa muscolare.

Conclusione

Il CBD ha effetti antinfiammatori, neuroprotettivi e analgesici, è un miorilassante e riduce l’invecchiamento cellulare.
Lo sport ha aperto le porte ai prodotti a base di cannabidiolo, per l’efficacia come potente antidolorifico e antinfiammatorio naturale. .
Il CBD favorisce il recupero dagli allenamenti quotidiani, accelera i processi di guarigione e stimola il sistema immunitario, migliorando le performance degli sportivi e riducendo gli stop forzati dovuti a infortuni o stiramenti.

 

Chiunque voglia chiedere informazioni a Weedy Point, può contattare il numero 3491513761. Lo shop è in via Turati 101 a Porto d’Ascoli.

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Ansia, depressione? Weedy Shop spiega gli effetti positivi della cannabis light

Con sintomi come preoccupazione eccessiva, estrema autocoscienza, dolore al petto e attacchi di panico, l’ansia può essere una condizione debilitante. La depressione può essere altrettanto distruttiva: ci si sente tristi, con poco interesse per le attività che una volta ci piacevano.

Fortunatamente, c’è un’ampia varietà di opzioni per trattare l’ansia e la depressione. Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri) sono popolari, ma hanno una serie di effetti collaterali. Altri hanno il rischio di dipendenza.

Molte persone cercano un modo più sicuro e naturale per trattare l’ansia e la depressione, quindi vengono sviluppate e ricercare continuamente nuove opzioni.

Il tetraidrocannabinolo, o THC, è un altro tipo di cannabinoide. È la sostanza chimica responsabile dello “sballo” che si prova dopo aver usato la marijuana. Poiché il CBD non è THC, non ci si può sballare usando l’olio di CBD.

Si suggerisce che l’olio di CBD abbia effetti positivi per le persone con:

epilessia
insonnia
cancro
e altri disturbi della salute mentale
oltre alla depressione e all’ansia

Gli studi hanno mostrato risultati inconcludenti per la maggior parte di questi usi, con le eccezioni di epilessia, ansia e depressione

Come funziona l’olio di CBD?
L’olio di CBD per la depressione e l’ansia è ancora in fase di studio e non ha così tante ricerche a sostegno come molti altri trattamenti. Assicurati di parlare con il tuo medico per sapere se è una buona soluzione per te e come incorporare nel tuo piano di trattamento.

CBD per l’ansia
Non si sa esattamente come l’olio di CBD combatta l’ansia, ma si pensa che funzioni con un recettore nel cervello chiamato CB1. I ricercatori credono che le interazioni tra l’olio di CBD e il CB1 alterino i segnali della serotonina.

Il problema centrale nel cuore dei disturbi d’ansia è la serotonina bassa, un neurotrasmettitore legato all’umore e al benessere. Gli SSRI, per esempio, funzionano bloccando l’assorbimento della serotonina nel cervello, il che significa che si ottiene più serotonina. L’olio di CBD può fare qualcosa di simile.

Gli studi hanno dimostrato che l’olio di CBD può essere efficace nel trattamento di vari tipi di ansia, tra cui:

Disturbo d’ansia generalizzato (GAD)
Disturbo d’ansia sociale
Disturbo da stress post-traumatico (PTSD)

I sintomi comportamentali dell’ansia e i sintomi fisiologici dell’ansia, come il battito cardiaco rapido, sono stati ridotti in alcuni studi. È stato anche dimostrato che è efficace contro l’insonnia legata all’ansia.

CBD per la depressione
L’olio di CBD funziona allo stesso modo per le persone che soffrono di depressione, perché la depressione avviene quando i livelli di serotonina sono bassi. Aumentare la quantità di serotonina nel cervello ha un effetto positivo sulle emozioni e sulle capacità motorie.

L’olio di CBD può anche influenzare l’ippocampo, che gioca un ruolo importante nella regolazione delle emozioni. Quando hai la depressione, il tuo ippocampo non funziona bene. L’olio di CBD può aiutare a promuovere la neurogenesi o la formazione di nuovi neuroni nell’ippocampo.

Come usare il CBD
Si prende l’olio di CBD mettendone alcune gocce sotto la lingua con un contagocce o mescolandolo al cibo. Anche le gomme al CBD stanno diventando popolari.

Svantaggi dell’olio di CBD
Mentre l’olio di CBD per l’ansia e la depressione è promettente, ci sono svantaggi significativi per il suo uso.

In primo luogo, non è ampiamente disponibile. È possibile acquistare l’olio di CBD solo negli stati in cui la marijuana medica è legale.

Secondo, nessun prodotto a base di olio di CBD è approvato dalla FDA per il trattamento dell’ansia o dei disturbi depressivi. Solo un prodotto a base di olio di CBD è approvato dalla FDA, ed è per il trattamento dell’epilessia.

Senza la supervisione e la regolamentazione della FDA, gli oli di CBD variano ampiamente in qualità. I produttori possono più o meno mettere quello che vogliono sulle etichette.

Secondo Marcel Bonn-Miller, professore aggiunto di psicologia alla University of Pennsylvania School of Medicine, il 43% dei prodotti a base di olio di CBD contiene troppo poco CBD, mentre circa il 26% ne contiene troppo.

A causa della sua mancanza di regolamentazione, circa un prodotto di CBD su cinque contiene THC, il che significa che potrebbe darvi uno sballo. Il THC può aumentare l’ansia invece di ridurla. Il rischio aggiuntivo nell’assumere olio di CBD è che anche se il prodotto contiene tracce di THC, potresti comunque risultare positivo alla marijuana in un test antidroga.

 

Per olii al CBD e informazioni contatta Weedy Shop al numero 3248169597.

Il negozio aperto H24 si trova in via Cesare Battisti 24, in pieno centro ad Ascoli e in viale Marconi 128 ad Alba Adriatica. Consegne a domicilio e spedizioni gratuite.

Se vuoi scoprire le tipologie di cannabis light disponibili, con le relative descrizioni, vai al sito http://www.weedy-shop.com Visita la pagina facebook: Weedy_shop_H24_ascoli_

Ansia, depressione? Weedy Point spiega gli effetti positivi della cannabis light

Con sintomi come preoccupazione eccessiva, estrema autocoscienza, dolore al petto e attacchi di panico, l’ansia può essere una condizione debilitante. La depressione può essere altrettanto distruttiva: ci si sente tristi, con poco interesse per le attività che una volta ci piacevano.

Fortunatamente, c’è un’ampia varietà di opzioni per trattare l’ansia e la depressione. Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri) sono popolari, ma hanno una serie di effetti collaterali. Altri hanno il rischio di dipendenza.

Molte persone cercano un modo più sicuro e naturale per trattare l’ansia e la depressione, quindi vengono sviluppate e ricercare continuamente nuove opzioni.

Il tetraidrocannabinolo, o THC, è un altro tipo di cannabinoide. È la sostanza chimica responsabile dello “sballo” che si prova dopo aver usato la marijuana. Poiché il CBD non è THC, non ci si può sballare usando l’olio di CBD.

Si suggerisce che l’olio di CBD abbia effetti positivi per le persone con:

epilessia
insonnia
cancro
e altri disturbi della salute mentale
oltre alla depressione e all’ansia

Gli studi hanno mostrato risultati inconcludenti per la maggior parte di questi usi, con le eccezioni di epilessia, ansia e depressione

Come funziona l’olio di CBD?
L’olio di CBD per la depressione e l’ansia è ancora in fase di studio e non ha così tante ricerche a sostegno come molti altri trattamenti. Assicurati di parlare con il tuo medico per sapere se è una buona soluzione per te e come incorporare nel tuo piano di trattamento.

CBD per l’ansia
Non si sa esattamente come l’olio di CBD combatta l’ansia, ma si pensa che funzioni con un recettore nel cervello chiamato CB1. I ricercatori credono che le interazioni tra l’olio di CBD e il CB1 alterino i segnali della serotonina.

Il problema centrale nel cuore dei disturbi d’ansia è la serotonina bassa, un neurotrasmettitore legato all’umore e al benessere. Gli SSRI, per esempio, funzionano bloccando l’assorbimento della serotonina nel cervello, il che significa che si ottiene più serotonina. L’olio di CBD può fare qualcosa di simile.

Gli studi hanno dimostrato che l’olio di CBD può essere efficace nel trattamento di vari tipi di ansia, tra cui:

Disturbo d’ansia generalizzato (GAD)
Disturbo d’ansia sociale
Disturbo da stress post-traumatico (PTSD)

I sintomi comportamentali dell’ansia e i sintomi fisiologici dell’ansia, come il battito cardiaco rapido, sono stati ridotti in alcuni studi. È stato anche dimostrato che è efficace contro l’insonnia legata all’ansia.

CBD per la depressione
L’olio di CBD funziona allo stesso modo per le persone che soffrono di depressione, perché la depressione avviene quando i livelli di serotonina sono bassi. Aumentare la quantità di serotonina nel cervello ha un effetto positivo sulle emozioni e sulle capacità motorie.

L’olio di CBD può anche influenzare l’ippocampo, che gioca un ruolo importante nella regolazione delle emozioni. Quando hai la depressione, il tuo ippocampo non funziona bene. L’olio di CBD può aiutare a promuovere la neurogenesi o la formazione di nuovi neuroni nell’ippocampo.

Come usare il CBD
Si prende l’olio di CBD mettendone alcune gocce sotto la lingua con un contagocce o mescolandolo al cibo. Anche le gomme al CBD stanno diventando popolari.

Svantaggi dell’olio di CBD
Mentre l’olio di CBD per l’ansia e la depressione è promettente, ci sono svantaggi significativi per il suo uso.

In primo luogo, non è ampiamente disponibile. È possibile acquistare l’olio di CBD solo negli stati in cui la marijuana medica è legale.

Secondo, nessun prodotto a base di olio di CBD è approvato dalla FDA per il trattamento dell’ansia o dei disturbi depressivi. Solo un prodotto a base di olio di CBD è approvato dalla FDA, ed è per il trattamento dell’epilessia.

Senza la supervisione e la regolamentazione della FDA, gli oli di CBD variano ampiamente in qualità. I produttori possono più o meno mettere quello che vogliono sulle etichette.

Secondo Marcel Bonn-Miller, professore aggiunto di psicologia alla University of Pennsylvania School of Medicine, il 43% dei prodotti a base di olio di CBD contiene troppo poco CBD, mentre circa il 26% ne contiene troppo.

A causa della sua mancanza di regolamentazione, circa un prodotto di CBD su cinque contiene THC, il che significa che potrebbe darvi uno sballo. Il THC può aumentare l’ansia invece di ridurla. Il rischio aggiuntivo nell’assumere olio di CBD è che anche se il prodotto contiene tracce di THC, potresti comunque risultare positivo alla marijuana in un test antidroga.

 

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Soffri d’insonnia? La cannabis light può aiutarti a dormire meglio, parola di Weedy Shop

Sempre più persone, secondo recenti studi di mercato, assumono CBD in varie forme per combattere l’insonnia e dormire meglio senza dover ricorrere a farmaci o ingredienti chimici.

Questa sostanza ricavata dalla canapa ha infatti proprietà calmanti e rilassanti che possono aiutare a riposare più profondamente anche in periodi di ansia e stress, che possono peggiorare notevolmente la qualità e la durata del sonno. Vediamo nel dettaglio perché l’assunzione di CBD può essere una valida alleata a notti insonni e poco riposanti.

Cos’è il CBD
Il CBD, o cannabidiolo, è un metabolita prodotto dalla canapa sativa privo di effetti psicoattivi, a differenza del più conosciuto THC. E’ la seconda sostanza più presente nella pianta di canapa, e sempre più persone iniziando ad usare prodotti a base di CBD per le sue proprietà rilassanti, antinfiammatorie e per il fatto che non crea assuefazione anche a dosi elevate; sempre più studi scientifici sembrano confermare le proprietà benefiche di questo metabolita, anche se occorre fare attenzione perché sul mercato si trovano in commercio oli o pastiglie con quantità non ben definite di principio attivo.

L’assunzione di CBD agisce sul sistema nervoso e su quello immunitario: il metabolita si lega ai recettori CB2 creando un effetto rilassante e antinfiammatorio con benefici per tutto l’organismo. È utile anche per sostenere le difese naturali del corpo da malanni di stagione e altri disturbi come ansia, vuoti di memoria e psicosi. La comunità scientifica sta studiando anche i suoi effetti su patologie gravi come epilessia e schizofrenia, con lo scopo di riuscire a produrre terapie più naturali e meno dannose rispetto a quelle farmacologiche attualmente sul mercato.

Cos’è l’insonnia
L’insonnia è un disturbo del sonno molto comune, tanto che in Italia sono quasi 9 milioni le persone che sperimentano sporadiche o costanti difficoltà a riposare bene. Secondo le definizioni mediche, è necessario avere due o più di questi sintomi:

difficoltà a prendere sonno
stanchezza mattutina
costante sonnolenza
mancanza di concentrazione
frequenti risvegli notturni

Le cause possono essere diverse: ansia, stress, assunzione di eccitanti come caffeina o una dieta che impegna eccessivamente il sistema digestivo. Sono disponibili sul mercato diversi farmaci per trattare efficacemente l’insonnia, anche se è ovviamente meglio rivolgersi verso una soluzione naturale e priva di effetti collaterali come il CBD.

Perché il CBD aiuta a dormire meglio
Il CBD ha un conclamato effetto rilassante, che può aiutare a lenire il dolore cronico, gli stati d’ansia e indurre al sonno. Si rivela quindi utilissimo per aiutare a dormire meglio, sostituendosi a farmaci o sonniferi che possono indurre dipendenza o alterare l’equilibrio chimico dell’organismo. Consigliamo di non assumere CBD insieme ad alcool o altre droghe, perché potrebbe vanificare o ridurne l’efficacia.

Se stai cercando di combattere l’insonnia con il CBD, ti consigliamo di iniziare con un dosaggio minimo per testarne gli effetti sul tuo corpo: anche se non provoca dipendenza o assuefazione, si tratta comunque di una sostanza che richiede attenzione e rispetto.

Come assumere CBD per sconfiggere l’insonnia
Esistono sul mercato diverse soluzioni per assumere CBD con il fine di dormire meglio: fra le più comuni troviamo pastiglie e olio di CBD: raccomandiamo di leggere sempre con attenzione le etichette, per sincerarsi della quantità di principio attivo presente nel prodotto.

È consigliabile iniziare ad assumere CBD in dosi moderate poche ore prima di coricarsi; in seguito, se lo si riterrà necessario, è possibile incrementare il dosaggio fino a raggiungere l’effetto desiderato. L’assunzione di CBD non provoca dipendenza o tolleranza nell’organismo, anche se può causare una leggera dipendenza “psicologica” che potrebbe provocare difficoltà a prendere sonno se si sospendesse immediatamente il trattamento.

Per questa ragione, è consigliabile non assumerlo quotidianamente, ma riservarlo per le giornate più “impegnative” o quando, per una ragione o per l’altra, si può prevedere che si avrà difficoltà a prendere sonno.

CBD e sonno: gli studi scientifici
La ricerca scientifica si sta dedicando sempre più a studiare gli effetti del CBD sull’organismo, anche se è fondamentale restare cauti data la moderata “novità” di questo metabolita della cannabis nell’ambito del consumo umano. Un recente studio sugli effetti della Cannabis sull’autismo pubblicato sulla celebre rivista Nature ha portato uno dei ricercatori coinvolti nella ricerca, il Dottor Lihi Bar-Lev Schleider, ad affermare che questo principio attivo ha “proprietà anti-infiammatorie comprovate”, risultando talvolta addirittura più efficace di alcune alternative chimiche.

Un altro studio, condotto nel 2018, ha preso in esame il rapporto fra canapa e insonnia di 409 soggetti con difficoltà a riposare: ben il 94% dei partecipanti alla ricerca si è dichiarato soddisfatto dei risultati ottenuti con l’assunzione di cannabis. Risultati incoraggianti dunque, anche se manca ancora ulteriore letteratura scientifica a supportare l’ipotesi.

 

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Il negozio aperto H24 si trova in via Cesare Battisti 24, in pieno centro ad Ascoli e in viale Marconi 128 ad Alba Adriatica. Consegne a domicilio e spedizioni gratuite.

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Soffri d’insonnia? La cannabis light può aiutarti a dormire meglio, parola di Weedy Point

Sempre più persone, secondo recenti studi di mercato, assumono CBD in varie forme per combattere l’insonnia e dormire meglio senza dover ricorrere a farmaci o ingredienti chimici.

Questa sostanza ricavata dalla canapa ha infatti proprietà calmanti e rilassanti che possono aiutare a riposare più profondamente anche in periodi di ansia e stress, che possono peggiorare notevolmente la qualità e la durata del sonno. Vediamo nel dettaglio perché l’assunzione di CBD può essere una valida alleata a notti insonni e poco riposanti.

Cos’è il CBD
Il CBD, o cannabidiolo, è un metabolita prodotto dalla canapa sativa privo di effetti psicoattivi, a differenza del più conosciuto THC. E’ la seconda sostanza più presente nella pianta di canapa, e sempre più persone iniziando ad usare prodotti a base di CBD per le sue proprietà rilassanti, antinfiammatorie e per il fatto che non crea assuefazione anche a dosi elevate; sempre più studi scientifici sembrano confermare le proprietà benefiche di questo metabolita, anche se occorre fare attenzione perché sul mercato si trovano in commercio oli o pastiglie con quantità non ben definite di principio attivo.

L’assunzione di CBD agisce sul sistema nervoso e su quello immunitario: il metabolita si lega ai recettori CB2 creando un effetto rilassante e antinfiammatorio con benefici per tutto l’organismo. È utile anche per sostenere le difese naturali del corpo da malanni di stagione e altri disturbi come ansia, vuoti di memoria e psicosi. La comunità scientifica sta studiando anche i suoi effetti su patologie gravi come epilessia e schizofrenia, con lo scopo di riuscire a produrre terapie più naturali e meno dannose rispetto a quelle farmacologiche attualmente sul mercato.

Cos’è l’insonnia
L’insonnia è un disturbo del sonno molto comune, tanto che in Italia sono quasi 9 milioni le persone che sperimentano sporadiche o costanti difficoltà a riposare bene. Secondo le definizioni mediche, è necessario avere due o più di questi sintomi:

difficoltà a prendere sonno
stanchezza mattutina
costante sonnolenza
mancanza di concentrazione
frequenti risvegli notturni

Le cause possono essere diverse: ansia, stress, assunzione di eccitanti come caffeina o una dieta che impegna eccessivamente il sistema digestivo. Sono disponibili sul mercato diversi farmaci per trattare efficacemente l’insonnia, anche se è ovviamente meglio rivolgersi verso una soluzione naturale e priva di effetti collaterali come il CBD.

Perché il CBD aiuta a dormire meglio
Il CBD ha un conclamato effetto rilassante, che può aiutare a lenire il dolore cronico, gli stati d’ansia e indurre al sonno. Si rivela quindi utilissimo per aiutare a dormire meglio, sostituendosi a farmaci o sonniferi che possono indurre dipendenza o alterare l’equilibrio chimico dell’organismo. Consigliamo di non assumere CBD insieme ad alcool o altre droghe, perché potrebbe vanificare o ridurne l’efficacia.

Se stai cercando di combattere l’insonnia con il CBD, ti consigliamo di iniziare con un dosaggio minimo per testarne gli effetti sul tuo corpo: anche se non provoca dipendenza o assuefazione, si tratta comunque di una sostanza che richiede attenzione e rispetto.

Come assumere CBD per sconfiggere l’insonnia
Esistono sul mercato diverse soluzioni per assumere CBD con il fine di dormire meglio: fra le più comuni troviamo pastiglie e olio di CBD: raccomandiamo di leggere sempre con attenzione le etichette, per sincerarsi della quantità di principio attivo presente nel prodotto.

È consigliabile iniziare ad assumere CBD in dosi moderate poche ore prima di coricarsi; in seguito, se lo si riterrà necessario, è possibile incrementare il dosaggio fino a raggiungere l’effetto desiderato. L’assunzione di CBD non provoca dipendenza o tolleranza nell’organismo, anche se può causare una leggera dipendenza “psicologica” che potrebbe provocare difficoltà a prendere sonno se si sospendesse immediatamente il trattamento.

Per questa ragione, è consigliabile non assumerlo quotidianamente, ma riservarlo per le giornate più “impegnative” o quando, per una ragione o per l’altra, si può prevedere che si avrà difficoltà a prendere sonno.

CBD e sonno: gli studi scientifici
La ricerca scientifica si sta dedicando sempre più a studiare gli effetti del CBD sull’organismo, anche se è fondamentale restare cauti data la moderata “novità” di questo metabolita della cannabis nell’ambito del consumo umano. Un recente studio sugli effetti della Cannabis sull’autismo pubblicato sulla celebre rivista Nature ha portato uno dei ricercatori coinvolti nella ricerca, il Dottor Lihi Bar-Lev Schleider, ad affermare che questo principio attivo ha “proprietà anti-infiammatorie comprovate”, risultando talvolta addirittura più efficace di alcune alternative chimiche.

Un altro studio, condotto nel 2018, ha preso in esame il rapporto fra canapa e insonnia di 409 soggetti con difficoltà a riposare: ben il 94% dei partecipanti alla ricerca si è dichiarato soddisfatto dei risultati ottenuti con l’assunzione di cannabis. Risultati incoraggianti dunque, anche se manca ancora ulteriore letteratura scientifica a supportare l’ipotesi.

 

Weedy Point ricorda che sono sempre attive le consegne gratuite a domicilio dei prodotti. Basta mandare un messaggio al 349 1513651.

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Dolore cronico, la cannabis light può alleviarlo. Scopri come con Weedy Shop

Trattare il dolore cronico con il CBD potrebbe rappresentare un nuovo approccio farmacologico non invasivo basato su un principio attivo ben tollerato e di origine naturale.

Il dolore è uno dei sintomi più comuni in diverse patologie ed è caratterizzato da una sensazione spiacevole che varia in base al fenomeno in corso che lo provoca e alle caratteristiche della persona che lo avverte. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e, in genere, autolimitante – oppure cronico, spesso invalidante e su cui è difficile intervenire.

Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L’ ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto “high” psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale.

Un’ introduzione. Meccanismi e tipologie di dolore

“Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”.

Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP), come riportato dal Ministero della Salute.

Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico:

Dolore acuto

Si manifesta improvvisamente ed è causato da qualcosa di specifico, ad esempio un trauma o un intervento chirurgico, e può essere accompagnato da ansia o stress emotivo. Ha una durata limitata e scompare all’estinguersi della causa. Le cause del dolore acuto includono:

• chirurgia

• traumi

• ustioni o tagli

• travaglio e parto

Dolore cronico

Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono:

• emicrania e cefalea

• artrite

• cancro

• nevralgia

• sciatalgia

• fibromialgia

• dolore neuropatico

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante. Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici.

Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate.

Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione

Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia.

Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico.

Gli usi terapeutici del CBD

Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico.

L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti

Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell’infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l’attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico.

Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico

Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico.

 

Per olii al CBD e informazioni contatta Weedy Shop al numero 3248169597.

Il negozio aperto H24 si trova in via Cesare Battisti 24, in pieno centro ad Ascoli e in viale Marconi 128 ad Alba Adriatica. Consegne a domicilio e spedizioni gratuite.

Se vuoi scoprire le tipologie di cannabis light disponibili, con le relative descrizioni, vai al sito http://www.weedy-shop.com Visita la pagina facebook: Weedy_shop_H24_ascoli_

Dolore cronico, la cannabis light può alleviarlo. Scopri come con Weedy Point

Trattare il dolore cronico con il CBD potrebbe rappresentare un nuovo approccio farmacologico non invasivo basato su un principio attivo ben tollerato e di origine naturale.

Il dolore è uno dei sintomi più comuni in diverse patologie ed è caratterizzato da una sensazione spiacevole che varia in base al fenomeno in corso che lo provoca e alle caratteristiche della persona che lo avverte. Il dolore può essere acuto – facilmente trattabile e, in genere, autolimitante – oppure cronico, spesso invalidante e su cui è difficile intervenire.

Per migliaia di anni, la Cannabis è stata utilizzata per scopi medicinali. È ormai noto che l’organismo umano è dotato di un sistema endocannabinoide (ECS) che riceve e traduce i segnali dei cannabinoidi. Esistono infatti composti prodotti endogenamente che possono interagire con quelli che sono comunemente denominati recettori cannabinoidi. Tali composti sono, ad esempio, l’anandamide (AEA) e il 2 arachidonoilglicerolo (2-AG). L’ ECS ha il compito di regolare alcune funzioni fisiologiche quali il sonno, la fame, la coordinazione motoria, le risposte del sistema immunitario e il dolore. Il cannabidiolo (CBD) è uno dei circa 120 composti chiamati fitocannabinoidi, come il tetraidrocannabinolo (THC), ma differisce da quest’ultimo in quanto non causa il cosiddetto effetto “high” psicotropo, poiché mostra una blanda affinità verso i recettori cannabinoidi, mentre interagisce con diverse altre neurotrasmissioni. Molti studi dimostrano che il CBD, attraverso svariati meccanismi d’azione, esercita diversi effetti farmacologici anche a livello del sistema nervoso centrale.

Un’ introduzione. Meccanismi e tipologie di dolore

“Un’esperienza sensoriale spiacevole ed emotiva associata a danno tissutale reale o potenziale o descritta in termini di tale danno”.

Definizione di dolore secondo l’International Association for the Study of Pain (IASP), come riportato dal Ministero della Salute.

Il dolore è mediato da fibre nervose che trasportano gli impulsi dolorosi dalla periferia, al midollo e infine al cervello; il quale a sua volta integra e modifica l’informazione relativamente ad altri fattori. Questo sistema è noto come via ascendente del dolore. Esiste una via deputata allo spegnimento del dolore, nota come via discendente del dolore o antinocicettiva endogena, che, a partire dalla corteccia, invia segnali alla periferia che provocano la cessazione della sensazione dolorosa. Diversi neurotrasmettitori intervengono in questi processi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Uno dei più importanti è il glutammato, il quale svolge un ruolo fondamentale sia fisiologico (nel Sistema Nervoso) sia nella modulazione del dolore. Il glutammato è il più importante neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e numerosi studi preclinici evidenziano una iperattivazione dell’intera neurotrasmissione in svariate condizioni patologiche tra cui il dolore cronico. Il GABA (o acido γ-amminobutirrico), principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC, invece, ha il compito di inibire i neuroni del midollo spinale deputati alla trasmissione del dolore. Il dolore può essere classificato come acuto o cronico:

Dolore acuto

Si manifesta improvvisamente ed è causato da qualcosa di specifico, ad esempio un trauma o un intervento chirurgico, e può essere accompagnato da ansia o stress emotivo. Ha una durata limitata e scompare all’estinguersi della causa. Le cause del dolore acuto includono:

• chirurgia

• traumi

• ustioni o tagli

• travaglio e parto

Dolore cronico

Diversamente dal dolore acuto esso può durare più di sei mesi e continuare anche quando la causa scatenante è scomparsa. I segnali del dolore restano attivi per settimane, mesi o anni e possono essere aggravati da fattori ambientali e psicologici. Questo tipo di dolore risulta resistente a molti trattamenti medici e anche farmacologici. Il dolore cronico produce effetti negativi specialmente sulla sfera psichica causando anche depressione, rabbia e ansia. Il dolore cronico è legato a condizioni che includono:

• emicrania e cefalea

• artrite

• cancro

• nevralgia

• sciatalgia

• fibromialgia

• dolore neuropatico

Mentre il dolore acuto è facilmente trattabile, per esempio con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o oppioidi deboli o forti a seconda dell’intensità, il dolore cronico, in particolare quello di tipo neuropatico, è difficile da trattare ed è particolarmente debilitante. Nell’ultimo decennio sono stati sviluppati nuovi approcci per il controllo del dolore, e particolare attenzione è stata posta sugli adiuvanti degli analgesici, i quali continuano a destare molto interesse in campo scientifico. Il ruolo della Cannabis e dei suoi componenti, chiamati fitocannabinoidi, come adiuvanti nel trattamento del dolore cronico, è stato oggetto di diversi studi sia preclinici che clinici.

Il cannabidiolo è, insieme al THC, uno dei principali componenti della Cannabis, ed è riportato avere un potenziale terapeutico nel trattamento di alcune forme di dolore cronico sia infiammatorio che neuropatico, agendo in quest’ultimo soprattutto sulle comorbidità ad esso associate.

Il cannabidiolo e i suoi meccanismi d’azione

Uno dei composti più importanti estratti dalla pianta di Cannabis, insieme al THC, è il CBD. Esistono varie specie di Cannabis che forniscono oltre 100 cannabinoidi, ma la medicina si è concentrata principalmente negli studi sul tetraidrocannabinolo (THC) e sul cannabidiolo (CBD) per la gestione di alcune forme di dolore, prevalentemente refrattarie al trattamento con oppioidi. In genere le forme di dolore refrattarie all’utilizzo di oppioidi sono quelle con componente neuropatica o anche dolori con una importante componente idiopatica, come ad esempio la fibromialgia.

Il cannabidiolo è un composto molto interessante dal punto di vista farmacologico. Esso infatti agisce scarsamente sui recettori cannabinergici CB1 e CB2 ma è in grado di interagire con diverse neurotrasmissioni a livello del sistema nervoso centrale. È stato riportato ad esempio un suo potenziale coinvolgimento nella regolazione del tono endogeno di Adenosina. Infatti, gli effetti antidolorifici del CBD sembrano essere antagonizzati da sostanze in grado di inibire i recettori A1 della Adenosina. Tali recettori sono molto coinvolti sia a livello periferico che centrale con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Un altro meccanismo d’azione del CBD è quello di attivare i recettori della serotonina 5HT1. L’attivazione di tali recettori sarebbe di fondamentale importanza per l’effetto del CBD sul tono dell’umore e su quelle co-morbidità associate a dolore neuropatico come ansia e depressione. Tali evidenze rendono il CBD un principio attivo potenzialmente utilizzabile nella gestione del paziente con dolore cronico di tipo neuropatico.

Gli usi terapeutici del CBD

Diversi studi preclinici e evidenze cliniche hanno dimostrato l’efficacia del CBD nel trattare i sintomi del dolore neuropatico, da solo o in combinazione con tetraidrocannabinolo. In particolare, il CBD riduce quelle sequelae centrali associate al dolore cronico come ansia e depressione. Ansia e depressione sono in realtà due facce di una stessa medaglia, infatti ad oggi il disturbo d’ansia generalizzato è trattato con farmaci antidepressivi piuttosto che con le benzodiazepine. Il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità, aiutando il paziente ad affrontare la sintomatologia dolorosa che comunque continua a persistere e che spesso è refrattaria a qualsiasi tipo di trattamento farmacologico.

L’efficacia del CBD non sembra essere limitata solo al dolore cronico generale, ma è stata osservata anche in una serie di altre condizioni cliniche, tra cui l’epilessia, gli stati infiammatori, i disturbi del sonno, i sintomi della sclerosi multipla, la schizofrenia. A oggi il CBD è già stato approvato per l’impiego per alcune epilessie infantili farmaco-resistenti come la sindrome di Lennox-Gastaut, la sindrome di Dravet o epilessia mioclonica grave dell’infanzia.

Dolore cronico, infiammazioni e comorbidità: CBD e qualità della vita dei pazienti

Il dolore cronico ha conseguenze che vanno oltre a una sensazione prolungata nel tempo e che influiscono in maniera sostanziale nella qualità della vita della persona. I fattori che producono, caratterizzano e mantengono il dolore sono molto diversi l’uno dall’altro. I principali attori sono agenti e condizioni pro-infiammatorie, vasodilatazione locale, aumento della permeabilità capillare, accumulo di proteine del sangue e dei fluidi negli spazi interstiziali, migrazione dei neutrofili dai capillari e rilascio di mediatori dell’infiammazione (ad es. citochine, linfochine e istamina). Se la condizione che causa il danno non è risolta, il processo infiammatorio progredisce verso l’infiammazione subacuta/cronica che svolge un ruolo importante nell’insorgenza delle malattie infiammatorie classiche (ad es. l’artrite). Ci sono molti dati preclinici e clinici che supportano le proprietà anti-infiammatorie potenzialmente efficaci dei cannabinoidi, in particolare evidenziano il ruolo del CBD, in qualità di composto non tossico e non psicoattivo. Al momento non esiste un trattamento efficace con cui prevenire o eliminare il dolore neuropatico, quindi l’attuale trattamento è diretto solo a ridurne i sintomi. La qualità della vita dei pazienti con dolore neuropatico è spesso aggravata da co-morbidità come disturbi del sonno, depressione e ansia. Il CBD è potenzialmente utile nel trattamento di queste co-morbidità, migliorando quindi la qualità di vita del paziente neuropatico.

Il futuro del cannabidiolo per il trattamento del dolore cronico

Sebbene siano necessari ulteriori studi per riconoscere il vero ruolo clinico del CBD nel dolore, gli studi attualmente disponibili forniscono già informazioni molto utili sul ruolo terapeutico come anticonvulsivanti, antiossidanti ma anche come adiuvanti nello stato infiammatorio e come analgesico. Studi recenti hanno dimostrato come il CBD abbia un effetto antidolorifico e ansiolitico in modelli preclinici di dolore cronico di tipo neuropatico, ben validati dalla letteratura scientifica internazionale. Non è ancora ben chiaro, però, in che modo il CBD eserciti questa sua azione sul dolore neuropatico. Da un lato è stata evidenziata una certa efficacia antinfiammatoria, che rappresenta una delle componenti ad oggi considerate importanti in questa patologia, dall’altro la sua azione su neurotrasmissioni come quella serotoninergica potrebbe spiegare i suoi effetti farmacologici anche su quelle componenti neuropsichiatriche associate al dolore neuropatico.

 

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Dolori articolari, artrosi, artrite. Weedy Shop illustra gli effetti positivi della cannabis light

I dolori articolari sono molto diffusi tra la popolazione italiana e mondiale, soprattutto dopo i 40 anni.

Ciò accade perché l’usura tende a far consumare la cartilagine. Altre cause di dolori articolari possono essere le malattie reumatiche, le posture scorrette protratte per lunghi periodi, sforzi fisici (ne soffrono infatti anche molti sportivi).

Di solito si ricorre a farmaci Fans per attutire il dolore (ibuprofene, diclofenac, etc.), oppure al paracetamolo. Si tratta però di rimedi farmacologici che agiscono soprattutto sul sintomo, senza curare la causa. Esistono poi dei rimedi fisici che possono essere affiancati all’assunzione di qualsiasi principio attivo (ad esempio impacchi con il ghiaccio) e rimedi naturali che vantano risultati davvero promettenti ed efficaci.

Tra questi c’è il CBD.

I rimedi naturali e il CBD contro artrosi, artrite ed altri problemi articolari

Tra i rimedi naturali utilissimi contro i dolori articolari possiamo annoverare l’artiglio del diavolo, l’arnica e l’escina, erbe antinfiammatorie molto potenti. Il loro uso può avvenire sia tramite integratori in capsule, sia in creme o pomate ad uso topico.

Ma il rimedio sul quale in questi ultimi anni la scienza sta focalizzando molti studi riguarda proprio il cannabidiolo, CBD. Già sappiamo che il derivato della canapa sativa possiede potenti proprietà antinfiammatorie. In realtà il cannabidiolo dà il meglio di sé proprio sull’infiammazione delle articolazioni. Agisce infatti sui recettori del cervello endocannabinoidi, attutendo notevolmente il dolore. Oltre al sollievo dal dolore sono numerosi i vantaggi dell’utilizzo di CBD contro i fastidi e le patologie articolari. Innanzitutto viene ridotta l’assunzione di farmaci antidolorifici, con conseguente riduzione degli effetti collaterali, poi si dorme molto meglio e si riacquista una mobilità più sciolta. Ovviamente all’assunzione di CBD consigliamo di associare una leggera attività fisica mirata.

In quali casi è consigliato il CBD

Il CBD è consigliato in tutti i casi in cui si avvertano dolori da artrosi, artrite reumatoide, reumatismi, osteoporosi.

Ma anche per contratture, mal di schiena cronico, colpo della strega, sciatalgie, etc. Come però hanno scoperto diversi studi scientifici, il CBD ha un effetto antinfiammatorio sul lungo raggio, a differenza del THC che invece agisce direttamente sul dolore (tanto è vero che il THC viene impiegato anche nella cura della sclerosi multipla).

Il CBD sembra inoltre dimostrare dei benefici consistenti nella riparazione dei tessuti cartilaginei. Uno studio in particolare su questo aspetto è stato condotto nel 2010 da un’equipe di scienziati irlandesi del Trinity College di Dublino, dipartimento di Neuroscienze: si dimostrò come le articolazioni colpite dall’artrite fossero protette in maniera ottimale dal CBD, che ne diminuiva l’infiammazione.

La conclusione dello studio è stata il convalidare “[…] il potenziale per i cannabinoidi di fornire una duplice funzione agendo come agenti antinfiammatori e regolatori della biologia per migliorare le strategie di ingegneria tissutale finalizzate alla riparazione della cartilagine. In più, prove emergenti vedono il coinvolgimento dei cannabinoidi in un’ampia varietà di processi fisiologici e patofisiologici, dal mantenimento scheletrico ai disturbi neurodegenerativi […]”.

 

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“La legalizzazione della cannabis non porta all’aumento del suo consumo tra i giovani”. I dati riportati da Weedy Point

La legalizzazione di cannabis, che sia ricreativa o medica, non porta all’aumento del consumo di cannabis tra i giovani, lo sostiene anche l’American Medical Association, la più grande associazione di medici e studenti di medicina degli Stati Uniti.

L’hanno scritto direttamente in un nuovo studio scientifico pubblicato sul prestigioso Journal of American Medical Association (Jama) che è la rivista scientifica di riferimento per l’associazione spiegando che la regolamentazione dei mercati, al contrario di ciò che hanno sempre sostenuto i proibizionisti, porterebbe ad una diminuzione dei consumi, e non il contrario.

I dati del consumo dal Youth Risk Behavior Survey

Per arrivare a queste conclusioni hanno analizzato i dati federali del Youth Risk Behavior Survey dal 1993 al 2019 in 10 stati e scrivono che l’adozione della legalizzazione della cannabis a scopo ricreativo “non era associata all’uso attuale di marijuana o all’uso frequente di marijuana” e che “l’adozione della legge sulla marijuana medica è stata associata con una diminuzione del 6% delle probabilità di uso attuale di marijuana e una diminuzione del 7% delle probabilità di uso frequente di marijuana.”

Lo studio, che ha ricevuto un finanziamento parziale attraverso una sovvenzione federale del National Institutes of Health, sostiene anche che il consumo giovanile di cannabis è diminuito negli stati in cui la legalizzazione ricreativa era in atto da due anni o più.

“Coerentemente con le stime di studi precedenti, c’erano poche prove che le legalizzazioni ricreative o mediche incoraggino l’uso di marijuana tra i giovani”, hanno detto i ricercatori. “Quando saranno disponibili più dati post-legalizzazione, i ricercatori saranno in grado di trarre conclusioni più solide sulla relazione tra legalizzazione ricreativa e l’uso di marijuana da parte degli adolescenti”.

La legalizzazione protegge i più giovani

Se da una parte i ricercatori non si spingono a spiegare il perché di questi dati, dall’altro le ragioni sono facilmente intuibili: sottrarre il mercato alla criminalità e regolamentarlo, riduce l’accesso dei giovani alla sostanza, che non possono più acquistarla per strada dagli spacciatori e non hanno accesso ai negozi che la vendono con licenza.

“Questo studio fornisce ulteriori prove che la legalizzazione e la regolamentazione della cannabis non si traduce in un aumento dei tassi di consumo tra gli adolescenti”, ha detto a Marijuana Moment Matthew Schweich, vice direttore del Marijuana Policy Project. “In effetti, suggerisce che le leggi di legalizzazione della cannabis potrebbero far diminuire l’uso tra gli adolescenti. Le imprese di cannabis legale sono tenute a controllare rigorosamente i documenti d’identità dei loro clienti”, ha sottolineato, spiegando che: “Il mercato non regolamentato, che i proibizionisti stanno effettivamente cercando di sostenere, manca di tali protezioni”.

Legalizzazioni e consumo giovanile: gli altri studi scientifici

Ripercorrendo un po’ di recente letteratura scientifica, sono diversi gli studi che, dati alla mano, arrivano a questi risultati.

Secondo uno studio pubblicato nel 2019 su Jama Pediatrics, realizzato sempre con i dati del Youth Risk Behavior, ma in questo caso dal 1993 al 2017, “le leggi che legalizzano la marijuana ricreativa sono associate a un calo dell’8% del numero di liceali che affermavano di aver usato marijuana negli ultimi 30 giorni e di un calo del 9% nel numero di chi affermava di averla usata almeno 10 volte negli tultimi 30 giorni”.

I dati diffusi da Statistics Canada, agenzia statistica nazionale canadese, nel febbraio 2020, dicevano che il calo nell’uso di cannabis da parte di giovani e adolescenti era stato addirittura del 47%: secondo i dati da quando è stata legalizzata la cannabis, nell’ottobre del 2018, ad allora, il numero di cittadini canadesi di età compresa tra 15 e 17 anni che consumavano cannabis si è praticamente dimezzato, passando dal 19,8% del totale al 10,4%.

I ricercatori dell’Università di Boston nel novembre 2020 hanno pubblicato un altro studio, utilizzando sempre i dati del Youth Rusk Behavior di 47 stati negli anni dal 1999 al 2017 per arrivare alla conclusione, pubblicata sul Journal of Adolescent Health, che la frequenza dell’uso è diminuita del 16 per cento dopo la legalizzazione

Nel maggio 2021 il National Center for Education Statistics (Nces) del Dipartimento dell’Educazione degli Stati Uniti ha analizzato gli stessi sondaggi tra i giovani degli studenti delle scuole superiori dal 2009 al 2019, concludendo che non c’è stata “nessuna differenza misurabile” nella percentuale di coloro che hanno riferito di aver consumato cannabis almeno una volta negli ultimi 30 giorni.

 

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Dolori muscolo-scheletrici. Weedy Shop: come trattarli con la cannabis light

Un nuovo studio scientifico rivela che la cannabis standardizzata di grado farmaceutico con un alto contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) è efficace nel trattamento del dolore muscolo-scheletrico causato dalla fibromialgia.

E’ un lavoro sperimentale controllato contro placebo condotto su 3 diversi ceppi di cannabis forniti dalla società Bedrocan.

In 4 diverse occasioni 20 pazienti con fibromialgia hanno ricevuto la varietà Bedrocan con 22 mg di THC, la varietà Bediol con 13 mg di THC e 18 mg di CBD, e Bedrolite con 18 mg di CBD o un placebo.

I risultati dello studio dei ricercatori del Leiden University Medical Centre, pubblicati sulla rivista Pain, mostrano che le due varietà di cannabis contenenti THC hanno dato un aumento significativo della soglia del dolore rispetto al placebo. L’inalazione di CBD ha aumentato le concentrazioni plasmatiche di THC ma ha diminuito gli effetti analgesici indotti dal THC, indicando interazioni sinergiche farmacodinamiche ma farmacocineticamente antagonistiche di THC e CBD. Gli autori hanno scritto che questo “studio sperimentale mostra il comportamento complesso dei cannabinoidi inalati nei pazienti con dolore cronico con piccole risposte analgesiche dopo una singola inalazione.”

Tjalling Erkelens, fondatore e CEO di Bedrocan, è particolarmente soddisfatto per i pazienti: “I pazienti hanno sperimentato un dolore significativamente inferiore rispetto al placebo ed è un risultato molto importante per coloro che soffrono di fibromialgia. Ora abbiamo le prove cliniche serie che i medici stanno chiedendo quando prescrivono i nostri prodotti e che le compagnie di assicurazione sanitaria vogliono avere per legittimare il rimborso”.

Non in Italia, visto che ad oggi la fibromialgia, nonostante colpisca 2 milioni di persone, non è ancora una patologia riconosciuta. Nel febbraio del 2018 la Regione Emilia-Romagna era stata il primo ente pubblico a creare un ampio documento per la diagnosi ed il trattamento della patologia spiegando che: “Verso il futuro lo sguardo che il gruppo di lavoro vuole proporre con il documento è rivolto a promuovere e incentivare la ricerca, in particolare sui cannabinoidi e sulle interazioni con l’alimentazione; unico modo concreto per rispondere adeguatamente ai bisogni dei pazienti, contrastando l’estrema proliferazione di fantomatiche cure che danneggiano la salute e il portafoglio delle persone con fibromialgia”.

 

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