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Può un bimbo imparare una seconda lingua se ancora non parla l’italiano? Risponde Helen Doron

Molti bambini crescono ascoltando 3 o 4 lingue. Nell’apprendimento di una lingua la comprensione viene sempre prima della produzione verbale; all’inizio i bambini hanno bisogno di sentire e assorbire la lingua, in modo da comprenderne i suoni per poi più tardi parlare. E’ naturale che ogni bambino segua questa progressione, eppure alcuni genitori tendono a pensare che dal momento che il bambino non parla ancora non capisca. L’effetto di questa credenza è che i genitori comunicano poco con il bambino e quest’ultimo di conseguenza non riceve abbastanza stimoli verbali e quindi parlerà ancora meno. Il fatto è che il risultato è strettamente dipendente dall’input ricevuto.
Gli studi dimostrano che i bambini che parlano presto possiedono un vocabolario più ampio, e non c’è da stupirsi: i loro genitori hanno sempre parlato con loro. Eppure ci sono ancora tanti genitori intelligenti ed educati che non parlano al loro bambino. ‘Perché dovrei? Ancora non parla’. Niente di più sbagliato!
Dal momento che ogni bambino ha tendenze ed abilità diverse, l’età della produzione verbale varia. Se il bambino ancora non parla questo non significa che sia meno intelligente. Alcuni bambini non iniziano a parlare finché non sono in grado di pronunciare le parole in modo corretto; probabilmente si tratta della propria natura. Possiamo dire che non esiste una regola assoluta, se non che dall’input dipende il risultato.
Dunque perché è giusto che i bambini imparino l’inglese prima di parlare la lingua madre? Perché così possono comprendere e quindi parlare due lingue contemporaneamente! La scelta cade sull’inglese per ovvie ragioni, data la sua importanza a livello internazionale. E’ la lingua franca negli affari, in politica, nelle comunicazioni. Al di là di questo, perché è importante imparare da subito almeno un’altra lingua? Le risposte riguardano vari ambiti.

Tutto parte dal cervello
Il cervello inizia a crescere dal momento del concepimento. Quando il bambino nasce solo una porzione di cellule cerebrali sono già connesse al fine di controllare le funzioni vitali, come vedere o respirare, mentre i restanti miliardi di neuroni non sono ancora collegati l’uno all’altro. Se una cellula cerebrale non è connessa in pratica è come se non esistesse, in quanto non ha canali di comunicazione con le altre cellule e quindi con il resto del corpo. Come è possibile collegare queste cellule? Attraverso la stimolazione. Se ricevono sufficiente stimolazione esterna nei primi anni di vita allora si connettono e rimarranno connesse per sempre; non si è mai troppo piccoli per imparare.
Il linguaggio è una funzione estremamente complicata. Qualsiasi calcolatrice può eseguire i calcoli più complessi ma non esiste computer al mondo in grado di riprodurre il linguaggio umano in modo naturale, perché il linguaggio è davvero complesso. Tutto parte dai suoni della lingua, la fonetica. I bambini nascono con la capacità di assorbire, riconoscere ed utilizzare qualsiasi suono. A partire dal quarto mese sono in grado di focalizzarsi sui suoni della lingua madre e così si passa alla fonologia, ovvero l’organizzazione e la combinazione dei suoni di base in parole.

Il periodo critico nell’apprendimento di una lingua
Le connessioni tra cellule cerebrali continuano a formarsi fino ai 7 anni. Una ricerca condotta da Johnson e Newport conferma che c’è un periodo critico per apprendere il linguaggio in modo naturale. Lo studio da loro condotto su dottorandi provenienti da Cina e Corea immigrati negli Stati Uniti tra i 3 e i 39 anni ha dimostrato che quelli che erano arrivati tra i 3 e i 7 anni avevano una competenza linguistica e grammaticale pari a quella di un americano. Quelli arrivati tra gli 8 e i 10 anni non avevano ottenuto risultati altrettanto positivi, ma comunque avevano raggiunto un punteggio maggiore di quelli arrivati dopo gli 11 anni. In generale dopo i 7 anni il modo di apprendere una seconda lingua rispecchia quello degli adulti e non si arriverà mai ad una competenza paragonabile a quella di un madrelingua.
Un’altra conferma arriva dallo studio di Patrica Kuhl, co-direttrice dell’ Institute for Brain and Learning Sciences all’Università di Washington, intitolato ‘Il Genio Linguistico dei Bambini’.

Prima è meglio è
Dunque se questo periodo critico va dai 3 ai 7 anni, perché insegnare prima che i bambini parlino la lingua madre? Perché non aspettare fino ai 3 anni? Le ragioni sono legate all’effetto che una seconda lingua ha sul cervello. Nella nostra lingua impariamo circa 1.000 parole all’anno fino a 20 anni, il momento in cui il cervello cessa definitivamente di crescere. Ad ogni lingua corrisponde una dimensione psicologica distinta. I bambini iniziano ad organizzare i singoli suoni (fonetica) in realtà psicologiche (fonologia) già dai 4 mesi. E’ per questo che è importante introdurre una seconda lingua il prima possibile. Il linguaggio è estremamente complesso e multisfaccettato. Contiene la morfologia, come i suoni sono strutturati, la sintassi, come è organizzata la frase, la fonetica, i suoni del parlato, la fonologia, la strutturazione dei singoli suoni, la semantica, i diversi livelli di significato, e gli accenti. La sola lingua inglese ha centinaia di accenti. Il linguaggio è affascinante. Se questa complessità è difficile per gli adulti, per i bambini è semplice ed è un gioco. I bambini sono naturalmente predisposti ad imparare continuamente, soprattutto le lingue.

I vantaggi
E’ giusto che un bambino impari l’inglese prima della lingua madre? Le ultime ricerche in questo campo confermano che è più che giusto: è una delle cose migliori che un genitore può fare per suo figlio. Più lingue un bambino conosce, più diventa flessibile e quindi intelligente. Uno studio rivela che tra i bilingui e ancora di più i multi-lingui sono minori i casi di Alzheimer e demenza senile. Dal punto di vista sociale il bilinguismo crea più tolleranza verso le altre culture, e questo aspetto è essenziale nel mondo di oggi. Studi longitudinali hanno dimostrato che i bambini che hanno frequentato asili bilingui hanno raggiunto risultati migliori all’università. Non c’è niente di così importante di una seconda lingua ad una tenera età.
I genitori devono pensare cosa possono fare per ottimizzare lo sviluppo tra i 3 e i 7 anni, anche perché i bambini si stancano facilmente. Un bambino felice è un bambino che impara, un bambino che si muove è un bambino che impara. I programmi Helen Doron sono fondati sul movimento, il gioco e la musica. A questo si aggiunge l’ascolto ripetuto, che imita il modo in cui i bambini imparano la lingua madre. Sentono le stesse parole e le stesse frasi in continuazione e, anche se ancora non parlano, assorbono e imparano.
I genitori devono credere che anche a pochi mesi i bambini capiscono. Il genitore ha una naturale predisposizione per rinforzare l’apprendimento della lingua, enfatizzando certe parole o certe sillabe, così come l’intonazione. E’ importante parlare al proprio bambino il più possibile: i genitori devono esprimersi nella propria lingua, ed il modo in cui lo fanno è altrettanto importante, per sviluppare un’appropriata connessione emotiva con il bambino. Se poi nella famiglia c’è qualcuno che parla un’altra lingua, sarebbe bene che questa persona parlasse con il bambino nella propria lingua, sempre che questa esposizione sia consistente e ripetuta. I bambini possono e dovrebbero imparare una seconda lingua, perché si tratta di un’opportunità di apprendimento unica che rimarrà con loro per il resto della vita.

Helen Doron English è Grottammare, in via Massimo D’Azeglio 18 e a San Benedetto, in Via Val Tiberina. 79

Tel: 0735.382337

Mail: [email protected]

Web:  www.helendoron.it/sanbenedetto

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No all’agricoltura industriale, Naturalmente Bio Shop consiglia i grani antichi

L’agricoltura industriale, irradiando e modificando geneticamente i grani, ha creato cibo economico con maggiore resa produttiva, resistenza alle malattie e alle avversità del clima.

I grani antichi invece sono varietà del passato rimaste autentiche e originali, ovvero che nel tempo non hanno subìto alcuna modificazione da parte dell’uomo per aumentarne la resa e che, per millenni, sono stati alla base dell’alimentazione delle antiche civiltà mediterranee. Non presentano la standardizzazione richiesta dalla moderna industria alimentare: le spighe sono più alte e i chicchi piccoli.

Alcuni esempi: il grano duro varietà Senatore Cappelli, il grano duro Timilia e il Farro che, ad oggi, si trovano in piccole coltivazioni non intensive e vocate al biologico.